Home > Notizia per Notizia > Cronaca > Cronaca Italia > La storia della piccola Indi tra malattia e speranza: la battaglia dei genitori

La storia della piccola Indi tra malattia e speranza: la battaglia dei genitori

Sospeso lo stop delle macchine che tengono in vita la piccola Indi Gregory. Il calvario della bimba britannica, 8 mesi d’inferno, continua. Altre ore di speranza. Deciderà la Corte d’Appello. Il giudice inglese ha bloccato il distacco delle macchine che la tengono in vita. Superato, a parole, sulle prime (o bellamente ignorato secondo il rito anglosassone) il recente conferimento della cittadinanza italiana che avrebbe permesso l’adozione di un piano terapeutico – all’ospedale Bambin Gesù di Roma – per la piccola. I medici che l’hanno in cura al “Queen Medical Center” di Nottingham non hanno staccato la spina. Hanno comunque ripetuto che “non si può andare oltre. E non si può nemmeno curarla nella sua casa di Ilkeston, tra Derby e Nottingham”. Una drammatica telenovela senza fine.

La malattia mitocondriale

Una malattia incurabile, hanno sempre detto i medici. Colpite in più punti le vie respiratorie. I dottori hanno riscontrato che il trattamento a cui Indi era sottoposta non aveva alcuna efficacia. Dunque la piccola era soltanto “destinata a soffrire”. I giudici britannici hanno quindi ordinato la sospensione del trattamento sulla base di un orientamento consolidato della giustizia inglese: “Il massimo interesse del minore”. Secondo il tribunale britannico non c’erano e non ci sono “nuove prove mediche convincenti per poter negare la sospensione del supporto vitale”. E ancora: “Non c’è nulla che suggerisca che la prognosi di Indi Gregory possa essere modificata in modo positivo dal trattamento dell’ospedale italiano”. Lo ha spiegato il dottor Mario Riccio consigliere generale della associazione Luca Coscioni: “Questa sindrome è una malattia rarissima di cui si conoscono pochissimi casi al mondo. Non superano in tutto i 50”.

La battaglia dei genitori

I genitori di Indi, Claire e Dean, appoggiati dalle organizzazioni religiose, sono riusciti a ottenere per la loro figlia la cittadinanza italiana per tentare le cure all’ospedale Bambino Gesù di Roma. La posizione del tribunale è stata ferma e i genitori hanno perso i loro ricorsi alla Corte d’Appello e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo che hanno riconosciuto nella sentenza britannica le ragioni orientate verso il massimo interesse del minore. Ora un altro round d’urgenza. Tutto quello che è stato possibile realizzare è stata la decisione di staccare le macchine due ore dopo l’orario stabilito. Poi la clamorosa decisione intorno alle 17. La disperata corsa contro il tempo per salvare Indi continua.

Inutili (sembra) tutti gli sforzi per portarla in Italia. Anche l’intervento del console italiano a Manchester, Matteo Corradini, di indirizzare Indi al Bambino Gesù dopo il provvedimento lampo di Palazzo Chigi non ha convinto Po di tanto. Il papà della bimba ha soltanto detto: “È vergognoso che si sia finora ignorata l’offerta del Governo Italiano. Ho dovuto affrontare ripetute minacce da parte dell’ospedale. Hanno cercato di intimidirmi e di accelerare la morte di Indi anche quando gli ordini del tribunale erano in sospeso. Mi sembra di essere trascinato all’inferno”. Tranciante la Conferenza Episcopale Italiana: “Togliere i supporti medici vitali ad ammalati non è un gesto umanitario”.

Gestione cookie