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Pd, troppo entusiasmo ha fatto male: ecco perché in politica non bisogna mai esagerare.

Pd, troppo entusiasmo ha fatto male: ecco perché in politica non bisogna mai esagerare.

Ai primi di marzo, subito dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria del Pd, i suoi fedelissimi, quasi increduli, dissero a destra e a manca che in un solo giorno al partito si erano iscritti in quattromila.

Se così fosse, dopo un rapido calcolo, oggi questo numero sfiorerebbe il milione e nella sede del Pd in via del Nazareno si dovrebbero aprire tante bottiglie di champagne.

La realtà è assai diversa se dobbiamo dar retta ai sondaggi, ma soprattutto ai mugugni di una buona parte degli esponenti dem.

Mai prima d’ora il partito era sceso così in basso. Ormai il sogno dell’oltre il venti per cento è sparito, si è costantemente un punto sotto e le previsioni non sono buone.

Perché? Dipende dalla frammentazione che si è creata in via del Nazareno: tante correnti e nessun denominatore comune. Gli aderenti al Pd più che compagni si dovrebbero chiamare avversari (eufemismo) e non c’è sant’Elly che tenga. In tutte le maniere, la segretaria cerca di ricompattare la “comitiva”. Invano.

Per il semplice motivo che comunque si muova, lei scontenta qualcuno. Se è di sinistra-sinistra (questo è il suo sogno) i moderati e i vecchi dc storcono la bocca; allora la Schlein vira un pochino al centro. Apriti cielo: perché coloro che ritenevano di essere alla vigilia di una rivoluzione debbono guardare in faccia la realtà che è totalmente diversa.

Finito nel dimenticatoio il campo largo, l’asse con i 5Stelle è svanito nel nulla, nonostante gli abbracci di Elly e Giuseppe durante i convegni organizzati dagli altri. Le divergenze sono abissali soprattutto se si va oltre i confini.

Ad esempio, il conflitto in Ucraina. I grillini vogliono smettere di mandare armi a Zelensky; nel Pd si è ondivaghi, un giorno si ed un altro no per gli aiuti a Kiev. E’ chiaro che così stando le cose, la segreteria è a un bivio: si trova tra Scilla e Cariddi e comunque si muova crea malcontento.

Ecco perché c’è nel partito chi vorrebbe cambiare cavallo. In che senso? Ringraziare la Schlein per l’impegno che non è mai mancato, ma rivolgersi ad un altro o ad un’altra per guidare il partito e farla finita con le correnti che dilaniano i dem.

Ufficialmente di nomi non se ne fanno, però i rumors sono tanti. Primo fra tutti Maurizio Landini che alla fine di questo mandato non potrà più essere eletto come numero uno della Cgil. Ai cronisti che chiedono una conferma, lui ritiene che queste siano fake news e tira avanti. 

Inoltre, c’è chi ritiene che un esterno potrebbe sanare le divisioni. Giammai, affidare il Pd ad un estraneo.

Abolite le primarie (vedi Firenze con in testa il sindaco Dario Nardella) la dirigenza di un tempo non vuole che si ripeta la bocciatura di Stefano Bonaccini che era stato scelto dal gotha del partito. Le fazioni sono tante e non sono d’accordo nemmeno in questo caso, cioè in un momento assai difficile per il Pd.

Quindi, torna di nuovo alla ribalta il verbo che si è usato all’inizio: mai esagerare e farsi prendere da un entusiasmo esagerato.

Alla Schlein bisogna dare atto che si è impegnata a fondo anche se non ha raggiunto i risultati sperati. Ma è necessario più tempo per trarre conclusioni avventate, perché spesso la toppa è peggio del buco.

 

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