Un bambino nato sordo ha recuperato l’udito grazie a una terapia genica. Aissam Dam, 11 anni, è cresciuto in Marocco avvolto nel silenzio, esprimendosi con una lingua dei segni di sua invenzione. La sua famiglia si è trasferita in Spagna lo scorso anno e, durante una visita da un medico specialista, le è stato indicato che Aissam Dam poteva qualificarsi per un test clinico con la terapia genica.
Lo scorso ottobre, riporta il New York Times, Aissam è stato sottoposto al trattamento al Children Hospital di Philadelphia ed è divenuto la prima persona a ottenere la terapia genica per sordità congenita. Il trattamento ha avuto successo, consendo a Aissam Dam di conoscere il mondo dei suoni. “Non c’è un suono che non mi piace”, ha detto il bambino al New York Times.
Uno studio rivoluzionario
Descrivendo la sua ritrovata capacità di sentire, Aissam, aiutato dagli interpreti durante un’intervista, ha detto: “Non c’è suono che non mi piaccia. Sono tutti belli”. Questo successo ha implicazioni che vanno oltre il singolo caso di Aissam, in quanto apre la strada a terapie geniche mirate ad altre forme di sordità congenita.
Lo studio CHOP, sostenuto da Eli Lilly e dalla sua filiale biotecnologica Akouos, rappresenta un’esplorazione innovativa nel campo della terapia genica per la perdita dell’udito. Il dottor Dylan K. Chan, otorinolaringoiatra pediatrico dell’Università della California di San Francisco, ha definito lo studio «rivoluzionario».
Come funziona
La specifica forma di sordità congenita di Aissam, legata a mutazioni del gene OTOF, ha offerto ai ricercatori un’opportunità unica. A differenza di altre mutazioni che causano la morte precoce delle cellule ciliate (un tipo di cellule presenti nell’orecchio interno che fungono da recettori sensoriali), le mutazioni dell’otoferlina (proteina che ha come unico compito quello di codificare il suono nelle cellule ciliate sensoriali) consentono alle cellule ciliate di sopravvivere per un periodo prolungato.
Ciò offre una finestra per l’intervento di terapia genica. La terapia prevede l’iniezione di un virus innocuo che trasporta i geni funzionali dell’otoferlina direttamente nella coclea (una componente dell’orecchio interno).