Scuola, sanità e Fleximan. I problemi più dibattuti dagli italiani sono la scuola e la sanità. Tuttavia, la stampa libera e i social mettono al primo posto, in termini di audience, le gesta di Fleximan.
Cominciamo dall’istruzione. Il governo avverte i problemi della scuola e pensa di risolverli attraverso l’aumento degli stipendi degli insegnanti e delle risorse destinate. Si tratterebbe cioè di una questione di bilancio pubblico, peraltro sempre deficitario.
Pochi discutono della qualità e indipendenza del corpo insegnante. La scuola, da che mondo è mondo, ha lo scopo di formare le future generazioni. Questo spiega l’accanimento per la conquista dei centri educativi da parte di organizzazioni religiose e laiche che, nel nostro passato, si identificavano con le parrocchie e le sezioni comuniste.
Lo scadimento del modello scolastico pubblico in Italia ha ridato spazio ai teorici della competizione che hanno introdotto meccanismi di mercato e offerto alla finanza l’opportunità di costruire e gestire scuole a fini di lucro.
Nelle società moderne l’efficacia di un modello scolastico dipende principalmente dalla effettiva indipendenza dei docenti, che devono esercitare la propria missione con uguale severità, senza distinguere tra figli del ricco o del povero, del debole o del potente.
Questa concezione di una scuola pubblica “democratica” è superata dal fatto che qualunque padre di famiglia può scegliere di far studiare i figli nelle scuole del mondo che ritiene più formative, senza che questo inneschi processi di discriminazione etica.
Nei regimi ad insegnamento dogmatico, come l’ex Urss e la Russia attuale oppure nei paesi teocratici come quelli arabi, i figli dei boiardi comunisti, di Putin o degli sceicchi hanno frequentato e frequentano scuole svizzere, americane e inglesi.
Molti docenti universitari svolgono una professione libera e motivano questa scelta con il basso stipendio statale oppure con l’esigenza di doversi misurare con gli aspetti pratici della materia insegnata. Anche a voler accettare la validità di tali affermazioni, è indubbio che l’università italiana non viene citata nel mondo come esempio di efficienza.
L’occupazione della scuola da parte dei principali partiti del dopoguerra, spiega il fallimento del modello Risorgimentale per il quale avevano combattuto i nostri padri. La laicità dell’insegnamento non dipende soltanto dalla formula adottata (pubblico o privato) bensì dall’effettiva indipendenza e preparazione dei docenti.
La scuola pubblica con insegnanti al servizio di un’idea, ha condizionato il paese molto più di quella dichiaratamente confessionale. La più convincente definizione di “laicità” risale alla Rivoluzione francese.
Ai docenti si chiedeva di sottoscrivere la seguente dichiarazione: “La Scuola deve essere fondata sulla morale universale, quella di tutti i tempi, di tutti i luoghi, di tutte le religioni. E’ questa morale che dev’essere l’anima del mio insegnamento, materia dei miei precetti, filo conduttore dei miei studi, come unico mezzo di coesione della società”.
Esistono infine problemi specifici per gli insegnanti-divulgatori nelle moschee, nelle chìese, nelle sinagoghe e nelle stesse scuole. Queste persone rivestono un ruolo importante perché si deve al loro “verbo” se un giovane decide di dedicarsi a un’attività produttiva e socialmente utile o di radicalizzarsi in una lotta contro gli “infedeli” e il sistema di vita occidentale.
Proprio in questo campo si tocca con mano l’importanza della scuola laica. I divulgatori religiosi di ogni credo, dovrebbero firmare la seguente dichiarazione quale “lasciapassare” per operare in Italia:
“1) riconosco che la scuola deve escludere dall’insegnamento tutto quanto ha rapporto con i dogmi o i riti di qualsiasi religione o setta;
2) mi impegno a non incitare a commettere atti di discriminazione e proselitismo di carattere religioso;
3) riconosco come delitto, la formazione di organizzazioni, associazioni, movimenti che abbiano tra i propri scopi l’incitamento alla violenza per motivi religiosi;
4) riconosco il diritto dello stato italiano a chiudere il luogo di culto in cui opero o ad allontanarmi dall’insegnamento, qualora dovessi contravvenire al presente impegno.
A chi storcesse la bocca, chiarisco di essermi limitato a pretendere il rispetto della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e religiosa, firmata a New York il 7 marzo 1966, ratificata in Italia con la legge 13 ottobre 1975 n.654.
L’attacco all’indipendenza dei medici, additati all’opinione pubblica come responsabili del degrado della Sanità, era iniziata negli anni settanta. Solo a seguito del Covid si è scoperto l’essenzialità di questa categoria.
La selezione “politica” dei medici, aveva avuto ripercussioni sulla salute dei pazienti; un rischio addirittura intollerabile per i casi di primari chirurghi. Il livello di degradazione più bieco è stato quello raggiunto dagli psichiatri sovietici che dichiaravano infermi di mente i nemici del regime per poi internarli nei manicomi.
I governi pensano di migliorare l’attuale stadio di sviluppo della sanità pubblica, investendo risorse nei macchinari che sono per la massima parte importati da paesi come gli Usa. la sostituzione dell’uomo con la macchina, ha avuto come effetto che i grandi clinici del passato si sono estinti. La professione medica richiede il continuo aggiornamento professionale.
Non è purtroppo così, perché gli specialisti devono passare anni di tirocinio nei paesi più avanzati (importandone manualità e innovazioni) e sostengono costi che si fanno ripagare attraverso parcelle che non sono alla portata di tutti. Il “deficit” della sanità è dunque molto maggiore rispetto al capitolo di spesa del bilancio pubblico.
Non si deve pensare che le nostre cliniche private garantiscano una sanità più efficace; si è trattato piuttosto di un business legato al mondo assicurativo. Quando Berlusconi, che ho sempre considerato un grande statista e un vero patriota, s’era dovuto fare un delicato intervento di angioplastica coronarica, aveva deciso di andare negli Usa.
Il più grande odontoiatra e implantologo italiano degli anni ottanta è stato il romano prof. Mario Martignoni, il quale viveva negli Usa tre mesi l’anno, apprendeva le tecniche più sofisticate e le “importava” in Italia.
Per ridare una speranza di carriera ai giovani medici, tutelare la salute dei pazienti e aumentare le iscrizioni alla facoltà, si dovrà stabilire che il massimo stipendio del “burocrate sanitario” non possa superare la retribuzione media del “medico in trincea”.
Arriviamo infine al Robin Hood degli Autovelox, che ha raggiunto indici di popolarità superiori a quelli di qualsiasi premier politico.
I limiti di velocità nelle vie cittadine, gli abusi delle amministrazioni locali che addestrano all’agguato i vigili in borghese creando un solco profondo tra cittadino e potere, fanno pensare che non sia in gioco l’interesse alla vita delle persone ma piuttosto la necessità di coprire il deficit di bilancio dei Comuni.
Per superare la percezione popolare di questa forma di “deviazione istituzionale”, esiste una soluzione pratica: il gettito delle multe deve confluire in una Fondazione nazionale, gestita da professionisti indipendenti, che destini queste risorse alla sanità, alla scuola e ai senzatetto del Paese.