Lo streptococco sembra aver mostrato un aumento di casi verso la fine della pandemia, con una particolare incidenza nei bambini più piccoli nel 2023. Uno studio condotto dall’Università Cattolica – IRCSS Fondazione Policlinico Gemelli e pubblicato su Lancet Microbe ha evidenziato questo trend, basandosi sui dati raccolti tra il 2018 e il 2023. Durante il periodo pandemico, le misure di protezione come l’uso della mascherina hanno portato a una significativa riduzione dell’incidenza delle infezioni da streptococco, sia in termini di numero di campioni pervenuti nei pronto soccorso pediatrici, sia nella percentuale di positivi. Tuttavia, una volta ridotti i contatti con il microrganismo, soprattutto nei bambini più piccoli che potrebbero non aver sviluppato completamente l’immunità, lo streptococco ha potuto rialzare la guardia.
L’immunotipo M1, particolarmente virulento, è stato quello che ha circolato di più. Il ridotto contatto con il microrganismo durante la pandemia potrebbe aver causato un “debito immunologico” nei bambini, impedendo loro di sviluppare una protezione adeguata. Lo studio ha sottolineato l’importanza di non basarsi solo sui test rapidi acquistati in farmacia per diagnosticare le infezioni da streptococco, soprattutto nei casi sintomatici gravi. Solo un tampone faringo-tonsillare effettuato in laboratorio, seguito da un esame colturale, può caratterizzare il microrganismo e permettere una diagnosi accurata. Questo è importante per valutare l’eventuale circolazione di ceppi iper-virulenti e per una gestione adeguata dei casi.