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Il campo largo della politica ristretta: le idee sono un’opzione o fanno ancora parte di un partito?

 Il campo largo della politica ristretta. Ci si domanda se le idee sono diventate un’opzione oppure se fanno ancora parte di un partito o movimento che sia. Ci si domanda se pesi di più un sondaggio, un veto o la bravura politica dei singoli o della coalizione. Viene il sospetto che se esistesse un unico cervello, con dentro l’intelligenza di Gramsci ed il tatticismo di Togliatti, il suddetto cervello sarebbe inesorabilmente risucchiato dalla spirale distruttiva del Centro-Sinistra.

Che questo fosse diventato un aspetto dirimente l’avevamo capito quasi tutti. Però, la sensazione è che, da quelle parti sia stato superato ormai il limite della decenza oltre il quale c’è il ridicolo, navigano a vista verso un orizzonte che non ha fine, e che forse nemmeno esiste.

In principio, tanto per fissare un inizio significativo a noi più vicino, c’era l’Ulivo di Romano Prodi. Grande intuizione politica quella del Professore di Scandiano, uomo accorto, pacato, che oggi tira le orecchie a Conte e Schlein. Allora la compagnia era anche più litigiosa, temperamenti diversi e provenienze politiche talvolta addirittura contrapposte. Eppure il «miracolo» avvenne e nonostante tutto la coalizione governò, sia pure con alti e bassi e strappi drammatici.

Ma quelli erano veramente altri tempi, oggi la ruota gira al contrario, ricalcare quell’esperienza sarebbe un errore fatale.

E poi arrivarono anche gli anni della “vocazione maggioritaria” del Partito Democratico che, non si sa su quale base di realtà, si sentiva maturo per correre da solo alle elezioni politiche del 2008. Ovviamente fu l’ennesima eclatante sconfitta con Veltroni che divenne Presidente del Consiglio ma del “Governo ombra” del PD.

Gocce di memoria politica, fino al recente disastro in occasione delle elezioni del 2022, con il Terzo Polo (Renzi più Calenda), il centrosinistra (PD, alleanza Verdi e Sinistra e +Europa), nonché il Movimento 5 Stelle, tutti contro tutti, con il risultato che la Meloni è volata al Governo senza faticare.

Siamo nel 2024 e non è cambiato molto: per vincere, le forze progressiste devono stare assieme. Anche all’attuale classe politica è toccato il compito di provare a costruire l’ennesima nuova coalizione che possa competere per il governo nazionale.

Forse il “Conte 2” può essere stata un’indicazione, ma anche un monito micidiale: attenzione, senza le fondamenta basta un soffio di vento e crolla tutto, concetto tanto banale quanto disatteso dai più. Occorre uno sforzo maggiore, strade diverse da percorrere, narrazioni innovative e qualcosa di veramente nuovo.

Ed allora ci sarebbero molte cose da fare. La prima, cambiare subito il nome, perché “campo largo” emoziona quanto una mela marcia. Poi le idee, o meglio, la capacità di elaborare un programma comune che sia anche rinuncia e sottrazione. E vaglielo a dire ai vari esponenti di partito che dovrebbero lasciare sul tavolo qualcosa delle loro convinzioni per un obiettivo più alto. In bocca al lupo.

La sindrome di Napoleone dilaga. Tutti si sentono statisti, grandi uomini politici, si atteggiano come se dalle loro bocche uscissero solo verità.

Il problema delle personalità e dei temperamenti non è cosa nuova in politica, gli esempi abbondano, però questo non deve essere un alibi, anzi, oggi occorrono attitudini che non hanno niente a che spartire con il passato. Se non si capisce questo, se non si ha l’esatta percezione che siamo entrati, o meglio stiamo entrando, in un tempo inedito, questa classe politica non potrà governare nessuna dinamica.

Forse si potrebbe pure affermare che nasce qui l’esigenza di un uomo politico nuovo, che non è il “superuomo” di Nietzsche tanto caro al fascismo, né il “totus politicus” che per molti versi ha caratterizzato il Novecento. Si tratterebbe invece di un profilo diverso, che ribalti completamente le logiche, capace di innovare percorsi, modalità, di incunearsi nel vivo della società seguendo criteri che rompono radicalmente con il passato. È impensabile continuare senza ridefinire la politica e con essa chi la fa. Il campo non è quello “largo”, ma semmai un “campo nuovo”.

I processi in corso obbligano ad andare per questa strada. Qualsiasi altro tentativo si sta dimostrando fallimentare. La possibilità di costruire una coalizione di Centro-Sinistra non passa dalla capacità di rigenerare quel che c’è ma dalla responsabilità di ideare quel che ancora non c’è. Di questo stiamo parlando, questo servirebbe.

Ed allora, se ancora così non è, siamo testimoni di un epilogo triste. C’è chi fa il pendolo come Calenda tra la Destra e la Sinistra, Conte e Schlein che competono tra di loro picconando la pazienza degli elettori, il duo Fratoianni – Bonelli che aspettano il sol dell’avvenire e poi c’è Renzi, che gioca da solo con la palla ed il muro, beato lui.

E come se non bastasse s’è pure ristretta la politica.

Facciamo un esempio: si è votato in Sardegna, Abruzzo, in Basilicata, si voterà in Piemonte in concomitanza con le Europee, ma perché nessuno del Centro-Sinistra ha il coraggio di aprire un dibattito serio sul ruolo delle Regioni dopo l’ampliamento delle loro competenze successivo alla modifica del titolo V della Costituzione del 2001? È stata una cosa ben fatta oppure l’ennesimo errore?

“Ovviamente perché ognuno ha la sua Regione, i suoi cosiddetti governatori, il suo feudo da difendere” scriveva Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera del 9 dicembre 2021.

Insomma, nel campo largo mancano leader adeguati e la politica necessaria. Le ultime vicende della Basilicata ci dicono che è in divenire un suicidio politico generale. Quelli del M5S sostengono che ci vuole del tempo per costruire una coalizione. Se fossimo ancora nel Novecento avrebbero pure ragione, però non va più così, la velocità ormai rappresenta la misura delle nostre vite. La politica non può permettersi di far sedimentare le proprie idee per più di dieci minuti, giusto il tempo per scrivere un post.

Certo, a nessuno sfugge la difficoltà e l’ineluttabilità del progetto. Resta il fatto che gli attuali protagonisti stanno dimostrando di non essere pronti per interpretare la contemporaneità. Dunque saranno solo accordicchi quelli che riusciranno a mettere in piedi, il treno è fermo in stazione, cercasi macchinista per farlo andare, l’uomo politico nuovo, per adesso, lo possiamo a malapena immaginare.

 

 

 

 

 

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