In Francia l’estrema destra di Marine Le Pen vince nettamente, ma non trionfa: raggiungere la maggioranza assoluta, nel momento in cui scrivo, sembra difficile.
La sinistra unita, dall’ala socialdemocratica a quella radicale, fa un buon risultato, ma a conti fatti delude. Il centro macronista riduce i danni, ma non può nascondere la realtà : il capo dello Stato è il grande sconfitto.
FRANCIA, PRIMA ANALISI DEL VOTO DEL 30 GIUGNO
Il primo turno delle politiche francesi, convocate a sorpresa da Emmanuel Macron tre settimane fa, non è di facile lettura, malgrado le apparenze.
E solo i risultati definitivi consentiranno un’analisi più ragionata. Per il momento, limitiamoci a una reazione a caldo.
Il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen, il primo movimento europeo ad aver introdotto il razzismo anti-immigrati e il populismo come architrave di una proposta politica, è largamente il primo partito.
Inutile discutere: da ottant’anni in qua, cioè dalla Liberazione della Francia dall’occupazione nazista, l’estrema destra domina per la prima volta il panorama politico.
E’ un dato sconvolgente, se non altro per il ruolo della Francia in Europa e il suo peso politico-diplomatico-militare.
Eppure, i lepenisti non possono essere soddisfatti e non solo perché sarà difficile per loro arrivare alla maggioranza assoluta dei seggi.
Tre settimane fa, alle europee, l’estrema destra (Rn più Riconquista, guidato dalla nipote, Marion Maréchal Le Pen) aveva avuto il 36,84 %. Ieri, al primo turno, ha avuto il 33,2, ma si può anche dire il 34 per cento aggiungendo piccoli candidati di estrema destra.
In ogni caso, un leggero arretramento, considerando che qualche notabile della destra moderata è salito sul carro lepenista.
IL VERO SCONFITTO: MACRON
La sinistra riunita nel Nuovo Fronte popolare ha fatto bene, ma non benissimo. Le proiezioni dicono il 28,1 %: tre settimane fa, da separati (La France insoumise, verdi, socialisti, comunisti), avevano ottenuto il 31,58 %, ma il risultato è migliore rispetto alle politiche di due anni fa.
Il partito centrista di Macron ha preso una bella sberla: è certo risalito dal 14 % delle europee, ma con appena il 21 % è stato seriamente ridimensionato.
Il presidente ha giocato d’azzardo sciogliendo l’Assemblea nazionale: il vero sconfitto del primo turno è lui. Senza se e senza ma.
Infine, bisogna sottolineare che la destra democratica, cioè quella che ha rifiutato di compromettersi con i lepenisti, ha avuto un buon risultato (10%), ma il comportamento dei suoi elettori al secondo turno è tutt’altro che scontato.
Adesso, tutto si gioca con il secondo turno. I macronisti hanno tutto da perdere, ma solo il ritiro dei loro candidati dalle triangolari (in ogni circoscrizione, oltre ai primi due, ai ballottaggi partecipa chi ha ottenuto il 12,5 % dei voti calcolato sugli elettori iscritti) impedirà a Marine Le Pen di ottenere la maggioranza assoluta e di imporre il giovane e inesperto Jordan Bardella alla guida del governo.
Solo il primo ministro, Gabriel Attal, è stato chiaro su questo punto, dicendo senza sfumature che «non un solo voto» deve andare all’estrema destra.
In pratica, meglio un deputato della France insoumise che un governo lepenista. Cosa succederà dopo è un mistero: ne riparleremo fra una settimana. Nell’immediato, la battaglia politico-elettorale ha una sola posta in gioco: accordare o impedire all’estrema destra il potere di governare.