Si parla spesso delle cosiddette “one hit wonders”, le band o artisti singoli che hanno avuto successo con una sola canzone e poi sono spariti. Qui invece vi voglio parlare delle band che hanno pubblicato un unico album, ma che album! E se pensate che si contino sulle dita di una mano, rimarrete sorpresi… La selezione che ho preparato per voi è ricca di perle spesso poco conosciute, che spaziano un po’ in tutti i generi. Ma per i più curiosi, o per chi cerchi un pretesto per andare a riascoltare della buona musica, comincerò indicandovi alcuni esempi famosi di band che hanno registrato un unico album per poi sciogliersi.
Scaldiamo i motori con alcuni esempi più o meno famosi
Il caso forse più famoso di tutti è quello dei Sex Pistols, il cui unico lavoro in studio è Never Mind the Bollocks Here’s the Sex Pistols, pubblicato nel 1977 e divenuto un punto di riferimento per gran parte del movimento punk. Ma anche Jeff Buckley ha pubblicato un solo album, Grace del 1994, con la celebre versione di Hallelujah di Leonard Cohen. Dopo la sua morte nel 1997, a dire il vero, sono stati pubblicati altri album, ma si tratta evidentemente di compilation postume.
Ci sono poi esempi memorabili di supergruppi, spesso creati con lo scopo di produrre un solo album, considerati gli impegni dei musicisti con le loro band principali. Particolarmente riusciti sono alcuni progetti di ambito grunge, come i Temple of the Dog, con l’omonimo album del 1991, o i Mad Season con Above del 1995. E ancora i Them Crooked Vultures, con un album omonimo del 2009 che forse è meno famoso, ma non per questo meno bello: parliamo comunque di una band composta da Josh Homme, John Paul Jones e Dave Grohl! Nel 1990, i Mother Love Bone pubblicarono il loro unico album Apple, indicato da molti come un lavoro seminale sia per il grunge che per il metal.
Di ambito completamente diverso è il progetto Buena Vista Social Club, che nel 1997 ha radunato i migliori musicisti cubani per la produzione di un album con lo stesso nome. E spostandoci ancora, sia geograficamente che musicalmente, troviamo Emerson e Palmer a lavorare con il bassista Robert Berry in un gruppo chiamato semplicemente 3, che nel 1988 ha pubblicato il suo unico lavoro in studio To the Power of Three. I Derek and the Dominos hanno pubblicato nel 1970 il loro unico album Layla and Other Assorted Love Songs, una collaborazione tra Eric Clapton e Duane Allman.
Un discorso a parte invece riguarda i Band of Gypsys, il gruppo di Jimi Hendrix dopo lo scioglimento degli Experience, dei quali però ci rimane sono un live del 1970. David Coverdale, ex Deep Purple e Whitesnake, ha registrato nel 1993 un album insieme a Jimmy Page dei Led Zeppelin, Coverdale/Page: il progetto però poi non ha avuto seguito. Del 1973 è invece Beck, Bogert & Appice, nato dalla collaborazione, breve ma intensa, fra Jeff Beck, Tim Bogert e Carmine Appice.
Nel 2009 il progetto Heaven & Hell ha pubblicato The Devil You Know: nulla di nuovo a parte il nome, però, dal momento che si tratta praticamente dei Black Sabbath con Ronnie James Dio alla voce… Per gli amanti dei Beach Boys, vi segnalo anche l’unico album solista di Dennis Wilson, Pacific Ocean Blue del 1977. Tra gli album “solitari” di maggior rilievo in ambito punk andrebbero ricordati Out of Step dei Minor Threat, del 1983 e Rites of Spring del 1985, appunto dei Rites of Spring. In Italia, i Peggio Punx hanno registrato un solo album in studio, se si escludono i demo tape: Cattivi maestri, del 1989.
Vorrei infine riservare una menzione speciale per due album molto particolari. Colossal Youth del 1980 è l’unico lavoro in studio degli Young Marble Giants, un interessante album post-punk con suoni elettronici di drum machine e tastiere low-cost fatte in casa. I Thunderclap Newman sono invece una band inglese prodotta da Pete Townshend degli Who, che suona anche il basso nel loro unico album Hollywood Dream del 1970. Bene, se l’ascolto di queste band vi ha riscaldato abbastanza, vediamo ora quali sono gli album della mia personale top 10.
Blind Faith, Blind Faith
Questo è sicuramente l’album più famoso che troverete in questo elenco. Pubblicato nel 1969, vede all’opera una line-up di tutto rispetto, con Eric Clapton, Steve Winwood, Ginger Baker e Ric Grech dei Family. Contiene alcune tracce che sono diventate punti di riferimento monumentali nella storia della musica, tra cui la celebre Can’t Find My Way Home, che nel video è proposta dal vivo in una delle prime uscite della band a Londra.
McDonald and Giles, McDonald and Giles
Pubblicato nel 1970, questo album è un vero e proprio capolavoro prog: una sorta di concept album con un grande e sapiente uso del mellotron e i testi scritti da Peter Sinfield, già autore dei testi per i King Crimson. E i legami con la band di Robert Fripp non finiscono qui: Michael e Peter Giles erano infatti batterista e bassista della prima incarnazione dei King Crimson. Qui collaborano con Ian McDonald, ma alla registrazione prende parte anche Steve Winwood, all’epoca tastierista dei Traffic. Spiccano la suite Birdman e Tomorrow’s People – Children of Today, che vi propongo nel video.
The Monks, Black Monk Time
Se andiamo ancora più indietro, agli anni Sessanta, troviamo una serie di grandi album realizzati da band che poi non hanno dato seguito a quel pur valido esordio. Nel 1966, i Count Five pubblicarono l’album Psychotic Reaction: molto garage rock, un po’ psichedelia tipicamente anni Sessanta, l’album si distingue per la title track, ma anche le altre tracce sono molto interessanti, tra cui due cover degli Who. Nel 1968, gli United States of America pubblicano il loro album omonimo: uno dei primi esempi di utilizzo di strumenti elettronici nel rock, per una produzione avanguardistica e psichedelica. Ma tra le pubblicazioni “uniche” degli anni Sessanta, io qui ho scelto Black Monk Time dei Monks. Cinque militari americani di stanza in Germania mettono su una band e nel 1966 pubblicano questo album di garage rock innovativo e sperimentale, con un grande uso di riff vocali e una generale predominanza ritmica sulle parti vocali. Dopo l’esordio non pubblicarono nulla, ma nel 1999 si riunirono per un concerto commemorativo negli Stati Uniti. Nel video li vediamo all’opera dal vivo nel 1966 con il brano Oh How To Do Now.
The Germs, (GI)
Anche l’ambito del punk ha prodotto diverse gemme uniche. Vale la pena ricordare i Johnny Thunders and the Heartbreakers, band americana in cui confluirono membri dei New York Dolls e dei Television e che nel 1977 diede alla luce il primo e ultimo album: L.A.M.F. Ma in questo elenco ho preferito inserire i Germs, con il loro unico album del 1979: una produzione più potente ed efficace a mio avviso, tra l’altro curata da Joan Jett. Ascoltate la seconda traccia, Communist Eyes.
Life Without Buildings, Any Other City
Veniamo ora a tempi e sperimentazioni decisamente più moderni. Siamo a Glasgow, alla fine degli anni Novanta, e tre studenti della scuola d’arte si mettono insieme per creare una band assolutamente unica nel suo genere. Quando nel 1999 la pittrice Sue Tomkins si aggiunge alla band, portando il suo modo di cantare quasi parlato, i Life Without Buildings cominciano a farsi notare. Registrano un album, Any Other City, nel 2001. Ma dopo i tour promozionali la band si scioglie, apparentemente perché Sue Tomkins preferisce tornare all’arte visiva. La traccia di apertura dell’album è PS Exclusive.
The Seahorses, Do It Yourself
Manchester, Inghilterra, 1997: John Squire, dopo aver lasciato gli Stone Roses, mette su una band e la chiama The Seahorses. Il gruppo avrà breve durata, ma nella loro unica produzione, Do It Yourself, appunto del 1997, si possono sentire molti degli stilemi tipici del brit pop alternativo, con le tipiche schitarrate rock accanto a citazioni beatlesiane. Love is the Law è uno dei singoli estratti da questo album, e questo è il video ufficiale.
Damageplan, New Found Power
Cambiamo completamente atmosfere, per parlare del progetto creato dagli ex chitarrista e batterista dei Pantera all’inizio degli anni 2000. New Found Power, pubblicato nel 2004, è un album di metal schietto e potente. Purtroppo la band si sciolse dopo l’assassinio del chitarrista Dimebag Darrell sul palco da parte di un fan. Qui sotto il video ufficiale di Save Me.
New Radicals, Maybe You’ve Been Brainwashed Too
Torniamo al brit pop… anzi, no, loro sono americani… però non si direbbe… È del 1998 l’album di debutto dei New Radicals, band americana che arriva subito al successo mainstream con il singolo estratto da questa loro unica produzione. Si potrebbe quindi pensare a una vera e propria “one hit wonder”, una band che ha fatto centro con una singola canzone e poi si è ritirata dalle scene. In realtà, però, l’intero album è piacevole e mantiene una certa qualità. E la band si sciolse forse proprio per colpa dell’eccessivo successo di quella singola canzone: You Get What You Give, della quale qui vi propongo il video ufficiale.
Khan, Space Shanty
Gli anni Settanta sono stati indubbiamente la culla perfetta per la sperimentazione musicale in tutte le sue forme, con progetti che a volte duravano giusto il tempo di un fantastico innovativo album. I Khan sono una band di space rock composta da Steve Hillage dei Gong e Dave Stewart degli Egg, insieme a due componenti dei Crazy World of Arthur Brown. Ci sono quindi tutti gli elementi per un gran disco, ed effettivamente è proprio un gran disco che producono nel 1972: Space Shanty. Ascoltate Stargazers come esempio estratto dall’album.
Hermann Szobel, Szobel
E concludiamo con una vera e propria chicca, proveniente dagli anni Settanta. Nel 1974, un sedicenne austriaco si trasferisce a New York per provare a dare forma concreta alle idee musicali che ha in testa. Due anni dopo, Hermann Szobel produce il suo primo ed unico album, Szobel, a soli diciotto anni. Composizioni tra jazz e sonorità che non temono il confronto con le composizioni di Frank Zappa compongono un mosaico unico per un album misterioso e davvero poco conosciuto. E il tutto si tinge ancor più di mistero quando poco dopo la pubblicazione dell’album, Szobel sparisce, letteralmente, senza più dare a nessuno, neanche alla madre, notizie di sé. A titolo esemplificativo della genialità dell’intero album, ascoltate Between 7 and 11.
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