Un medico di base di Milano, è stato condannato per aver falsificato 15.233 ricette tra il 1 gennaio 2020 e il 16 settembre 2021. In media, sono state emesse 25 ricette al giorno, un numero che ha attirato l’attenzione degli investigatori dell’Ats e ha portato alla scoperta di una vasta operazione illegale. L’uomo cedeva le ricette, intestate ai suoi pazienti, a un egiziano e ai suoi complici per 10-20 euro l’una, alimentando una rete di spaccio di oppioidi.
La distribuzione illegale di oppioidi
Le ricette falsificate riguardavano esclusivamente due farmaci: Oxicontin e Contramal, potenti antidolorifici a base di oppioidi. Questi medicinali, usati per la terapia del dolore, sono simili all’eroina e hanno causato una grave crisi negli Stati Uniti, con oltre 70mila decessi l’anno. Anche se in Europa l’epidemia non ha raggiunto lo stesso livello, le autorità sanitarie e di polizia sono preoccupate per segnali simili. Le ricette permettevano ai membri dell’organizzazione di prelevare gratuitamente due confezioni di farmaci nelle farmacie di Milano e dintorni, per un totale di 32.434 scatole finite nel mercato dello spaccio, a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Le conseguenze giuridiche e penali
La Corte dei conti della Lombardia ha condannato il medico a risarcire quasi un milione e mezzo di euro per il danno arrecato al Servizio Sanitario Nazionale. Secondo il gip del Tribunale di Monza, l’uomo era “l’elemento cardine e imprescindibile del gruppo criminale”. La sua attività illecita è stata scoperta grazie alle segnalazioni dei pazienti che ricevevano notifiche di ricette ingiustificate e ai consumi anomali rilevati dall’Ats.
A livello penale è stato condannato a 8 anni di reclusione e 22 mila euro di multa. La Corte dei conti ha anche ordinato il sequestro dei suoi beni immobili e della pensione. La difesa del medico ha sostenuto che le prescrizioni non fossero firmate con dolo, adducendo problemi di “ubriachezza” e tratti della personalità “caratterizzati da sfiducia e pessimismo”. Tuttavia, i giudici hanno respinto queste argomentazioni, sottolineando l’intensità del dolo e il coinvolgimento continuativo in attività criminali.