Libano, una guerra che dura mezzo secolo: dagli archivi della Stampa di Torino i fantasmi di una strage dimenticata, quella di Sabra e Shatyla, due campi profughi a Beirut dove, fra il 16 e il 18 settembre del 982, milizie cristiane fecero strage di palestinesi, consenzienti gli Israeliani. Furono massacrati fra 762 e 3.500 fra uomini, donne e bambini, senza riguardo a sesso e età. La cronaca di Mimmo Candito, uno fra i più grandi giornalisti italiani, dà i brividi ancora oggi.
Secondo alcuni, scrive Candito nel primo articolo, uscito il 19 settembre, autori della spaventosa strage sono stati gli uomini del maggiore Saad Haddad, alleato di Israele, l’uomo che si è ritagliato un pezzo di «LIbano libero» al confine con lo Stato ebraico. Altri affermano di aver riconosciuto le divise del falangisti del Kataeb, il partito del Presidente eletto assassinato, Gemayel.
L’esercito Israeliano, che controlla con i carri armati l’intera citta e l’accesso al campi, afferma di non saperne nulla, e ha negato ogni responsabilità.
La strage nei campi della Resistenza
I due campi erano stati la roccaforte della resistenza palestinese durante la battaglia di quest’estate, conclusasi con lo sgombero degli uomini dell’Olp. Nella lunga e difficile trattativa per il ritiro del guerriglieri dalla capitale del Libano, uno del punti più ardui da superare era stato proprio II problema delle garanzie per l’incolumità del civili palestinesi che sarebbero rimasti a Beirut.
L’avanzata Israeliana a Beirut Ovest, era stata giustificata con l’esigenza di garantire la sicurezza nella città dopo l’assassinio di Gemayel e con la presenza di duemila guerriglieri: «I palestinesi ci hanno ingannato — aveva detto Begin — molti sono rimasti a Beirut».
Tutti I testimoni, nella notte concordano nell’affermare di non aver visto soldati Israeliani all’interno del campi. Venerdì, razzi illuminanti erano stati lanciati In continuazione sui campi.
Gli nomini di Haddad (o I falangisti: molti superstiti hanno ammesso di non saper riconoscere una milizia dall’altra), arrivati a Beirut Ovest al seguito degli israeliani, sono entrati a Sabra e Chatyla Irrompendo in ogni casa, allineando gli abitanti contro i muri, falciandoli senza pietà.
Da un ospedale alla periferia di Chatyla tre palestinesi e uno egiziano sono usciti sventolando una bandiera bianca: La rlsposta è stata una bomba a mano che ne ha uccisi tre e ha ferito il quarto.
Violenze e uccisioni
Molti pazienti e due medici sono stati portati via dal miliziani. Anche due Infermiere hanno dovuto seguire gii uomini armati: una è riuscita a fuggire, e ha raccontato che la collega era stata violentata ripetutamente e poi uccisa. Un’altra Infermiera ha detto che gli Israeliani hanno respinto due volte una delegazione di donne e bambini usciti dall’ospedale «Giovanna d’Arco» che supplicavano di far cessare gli stupri.
Poi. quando nei campi è stato solo il silenzio, sono arrivati I bulldozer, e hanno tentato di ricoprire di terra I mucchi di cadaveri.
Un altro articolo, uscito il 21 settembre, completa il quadro.
A Sabra e Chatyla gli infermieri con maschere antigas sotterrano in fosse comuni centinaia di corpi.
Parlano i testimoni della strage «Quando sono entrate nel campo le prime squadre la gente si è nascosta atterrita; loro avanzavano gridando di stare tranquilli, di venire fuori, li seguiva un carro armato con la stella di David»
«Arrivavano a ondate, facevano il loro lavoro e poi se ne andavano per qualche tempo». «Scannavano e violentavano, ridendo, sembravano ubriachi».
«E andata avanti quasi tre ore; quando c’era una pausa qualcuno tentava di scappare, ma fuori c’erano i carri armati israeliani che impedivano a tutti di uscire». «Quando sabato la notizia del massacro si è sparsa fuori, gli uomini di Haddad sono tornati con i bulldozer, per coprire i cadaveri con le macerie delle case»
A Sabra e Chatyila il puzzo dei cadaveri è più pesante dell aria e le donne che cercano i morti piangono senza più lacrime. Un bulldozer gigantesco scava le losse comuni dove stamattina saranno Interrati tutti, i morti riconosciuti e quelli che non avranno più identità. Ne abbiamo contati duecentoventuno ammucchiati su uno spiazzo.
Non sono mai cadaveri isolati: famiglie intere, di dodici o quindici uomini. piccoli assembramenti di corpi che si stanno sciogliendo al caldo, sotto le macerie che gli sono state fatte crollare addosso.
Abbiamo raccolto una montagna di testimonianze, dirette, e tutte confermano.
Questo che segue e un rapporto dai campi della morie: useremo, dove necessario. solo le. iniziali dei testimoni, per evitare rappresaglie, a questi uomini e a queste donne.
Testimonianza n. 1: infermiera volontaria americana Myrna Mugitchuan. studentessa in medicina: -Ci sono corpi torturati, mani e piedi tagliali, seni di donna tagliati, ci sono uomini impiccati e poi con la testa tagliata da un colpo d’ascia.
A rimuovere I caduti bisogna procedere con molta cautela, perché abbiamo scoperto che sotto i corpi spesso ci sono tombe-trappola. granate che esplodono al minimo contatto dobbiamo usure delle lunghe pertiche e delle gru mobili.
Testimonianza n. 2. Kavvziu M . donna libanese di 35 anni: ‘lo non abito nel campo, ma giovedì sera ero rimasta dai miei amici. I miliziani ci hanno detto di scendere: già la gente era contro i muri, con le mani alzale in aria. Io non avevo documenti con me, ma gli ho detto che ero libanese e che dal mio accento si capiva bene, hanno consentito allora che l’autista andasse fino a casa mia. che è qui vicino, e tornasse con la mia carta d’identità: quando l’hanno vista mi hanno detto che potevo andarmene, ma guai a me se tornavo. Io dovevo dimenticare lutto. Fra quei militari c’era uno che non parlarli arabo e mi è parso israeliano-.
Testimonianza n. 3, Ahmed A. 40 anni, libanese di religione cristiana: lo non c’ero, ma so quello che sto vedendo mentre aiuto a portar via i cadaveri: ci sono famiglie intere tagliate a pezzi, uomini sventrali ed evirati. C’è una fossa comune dove li hanno buttati vivi e poi uccisi e in un altro posto li hanno legali e buttati a terra e /hu gli è passato addosso un autocarro.
Testimonianza n. 4. Mohammed D. 27 anni, originario di un piccolo villaggio vicino a Gerusalemme. E’ la testimonianza più importante perché Mohammed è uno scampato alla strage ed e stato nascosto Ira le macerie del campii fino a sabato mattina. Era giovedì sera, e le cannonate degli israeliani erano finite: io sono andato laggiù, in quell’angolo, a comprarmi un pacco di sigarette quando sono entrate nel campo le prime squadre. C’era ancora un poco di luce, la gente si è nascosta subito atterrita. Saranno stati venti o venticinque uomini, gridavano di stare tranquilli, di venire fuori.
A me ini puzzava, e sono scappato via dentro quel vicolo: sono ondato a casa mia, che è laggiù, a destra. Ho preso il Kalashnikov, l’ho strisciato Proco tifanti: quando ho visto che stavano sfondando a calci le porte delle case ho sparato una raffica. Non so se ho colpito qualcuno, mi hanno risposto con un razzo che ha centrato la mia casa e ha ucciso mio moglie.
Hanno scannato c violentato, sembravano ubriachi e li vedevo bere. Ho visto cosi come hanno torturato e ucciso Abu Cucir e il suo figlioletto, e c’era poi quel vecchio con una gamba sola, Al Duk-it si chiamava, e lo hanno spinto e preso a colpi d’ascia mentre lui piangeva e gli diceva che lo risparmiassero: si sono messi in tre contro di lui e l’hanno ridotto a brandelli. Ridevano.
A un altro, che conoscevo solo di vista, gli hanno tagliato la lingua perché dicevano ridendo che gli aveva rotto le scatole a forza di gridare pietà. Andavano a prendere le famiglie in casa e poi le tiravano fuori e le mettevano contro la parete e le uccidevano. Se restavano dentro, le finivano lo stesso.
È andata avanti per quasi tre giorni, perché hanno finito venerdì notte ma io fino alla mattinata di sabato non me la sono sentita di venir fuori. Quando c’era una pausa in queste spedizioni di terrore, qualcuno tentava di scappare via con le braccia alzate, ma arrivava alla fine della strada e si trovava davanti i carri armati israeliani e allora era costretto a tornare indietro e a farsi ammazzare.
Quanto ai miliziani, io dico che non c’erano solo uomini di Haddad ma mi è parso di vedere in mezzo anche qualche uniforme dei falangisti: e poi c’erano quelli che parlavano quella lingua che io non conosco ma che per me è israeliano. Si, erano proprio israeliani..
Testimonianza numero 5: Chalet, 22 anni, libanese, studente. In questi campi c’era di tutto, mica solo palestinesi, ma anche siriani, libanesi, georgiani, egiziani, eritrei, somali: insomma tutta la gente povera del Libano.
Li hanno fatti fuori tutti, se la prendevano soprattutto con i negri mentre hanno lasciato andare via quelli che dimostravano di essere egiziani.
Testimonianza numero 6: Mohammed K . 23 anni. Infermiere volontario del Servizio civile, libanese: Eravamo qui in cinque a tentare di raccogliere i cadaveri. Sono arrivati gli israeliani e ci hanno mandato via. Dopo neanche mezz’ora abbiamo visto da laggiù gli uomini che arrivavano con i bulldozer. Sono venuti e hanno buttato giù quel po’ di case che erano rimaste su, forse per distruggere tutto o per coprire qualcosa, non so.
Ora c’è solo il puzzo della morte e la paura L’apparire, ieri mattina, degli uomini dell’esercito libanese nella loro nuova uniforme blu ha scatenato il terrore: è bastato che uno dicesse: Son tornati quelli di Haddad, perché migliaia di donne e bambini scappassero via urlando e piangendo in preda al panico. Invano una jeep li seguiva con l’altoparlante spiegando: Tornate, tornate, è solo l’esercito che viene ad aiutarvi. Questa gente ormai non crede più a nessuno.