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Chi è l’erede del conte Mascetti? Travaglio o Renzi: a Giuli o Valerio la palma delle parole incomprensibili?

Chi è il più degno erede del conte Mascetti? Chi ha ragione fra Renzi e Travaglio? A Giuli o Valerio la palma della espressione involuta, contorta e incomprensibile?

Matteo Renzi in piena seduta parlamentare ha paragonato all’indimenticabile personaggio di Amici Miei cui diede vita Ugo Tognazzi niente meno che il neo ministro della Cultura Alessandro Giuli.

Dalle prime dichiarazioni del successore del povero Gennaro Sangiuliano non c’è di che dargli torto.

Un editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano apre il confronto.

Erede del conte Mascetti

Alessandro Giuli erede del conte Mascetti?
Chi è l’erede del conte Mascetti? Travaglio o Renzi: a Giuli o Valerio la palma delle parole incomprensibili? – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Chiara Valerio in effetti appare, nei suoi interventi su Repubblica, dí difficile comprensione oltre che di rara condivisione.

Valerio, Chiara di nome ma non di fatto, scrive Travaglio, sta al Pd come Giuli sta a FdI, “la cosiddetta Chiara è riuscita a twittare restando seria:

“Le parole fanno la realtà e la realtà fa le parole e i gesti di Lenzi per i diritti della comunità Lgbtq+ in sé e in quanto parte della comunità di cittadini e cittadine determina che l’accusa di omotransfobia sia falsa”.

“Poi ha aggiunto una postilla indiscutibile: “Spero che sia ancora una risata a seppellirci e non altro”. La risata che puntualmente segue ogni suo scampolo di prosa, orale e scritto”.

Giuli e Valerio a singolar tenzone

Ora però, prosegue Travaglio, si pone un angoscioso dilemma: a chi spetta la legittima discendenza del Mascetti?

La migliore soluzione è una singolar tenzone fra il Giuli e la Valerio a colpi di supercazzole improvvisate sul momento. Un Amici miei atto IV che al solo annuncio farebbe il sold out e che noi pagheremmo cifre astronomiche pur di non perdercelo.

Già ci pare di vederlo, il Giuli, che parte in quarta con uno dei suoi classici: la “rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’i nfosfera globale”.

E la Valerio che schiva il colpo e replica da par suo con la celebre teoria della “cultura e politica del dissenso, dell’eccezione, della variazione che somigliano all ’aglio-olio-peperoncino che facciamo tutti. Si potrebbe parlare di polenta, arancini, arancine, arancinu, porchetta, fave e cicoria… Io dico che dobbiamo essere ciascuno come aglio olio e peperoncino”. A quel punto il ministro

sferra l’uno-due “entusiasmo passivo”, “apocalittismo difensivo”. Ma la presunta Chiara gli sfo-

dera lo scioglilingua già recitato a Piazza pulita: “Io non penso che ci siano le poltrone che fanno le

persone, penso che ci siano le persone che fanno le poltrone, quindi, diciamo, diamo le persone che fanno le poltrone, se non diamo le persone che fanno le poltrone, ma partiamo dalla poltrona, secondo me, diciamo, non è una cosa né culturale né soprattutto divertente”.

L’alternativa, più salomonica ma molto meno divertente, conclude Travaglio, sarebbe un verdetto ex aequo: Giuli re della supercazzola con scappellamento a destra e la Valerio regina della supercazzola con scappellamento a sinistra.

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