Sembrava destinata a slittare (o addirittura a essere bocciata) e invece ecco la tassa che fa aumentare il prezzo delle bevande gasate.
Nulla di nuovo: se ne parla da anni e praticamente in tutto il mondo. Si tratta della tassa sulle bibite zuccherate: un sovrapprezzo ideato per ridurre il consumo di bevande gasate e ad alto contenuto di zuccheri. Nel nostro Paese l’idea è stata accarezzata per la prima volta intorno al 2018, quando la comunità scientifica (con i diabetologi in prima linea) incontrarono l’allora ministro Giulia Grillo per presentare l’idea dell’adozione di una sugar tax.
I benefici sono facilmente intuibili: facendo salire il prezzo delle bevande zuccherate e gasate come la CocaCola e prodotti simili, si potrebbe disincentivare l’adozione di regimi alimentari dannosi per la salute. Inoltre si potrebbe, almeno in teoria, bilanciare il costo delle spese sanitarie sostenute dal Paese per curare patologie come obesità e il diabete.
Nel 2019 sembrava che il premier Conte parlò di una possibile sugar tax da introdurre con lo scopo di finanziare ricerca e formazione. Si arrivò così a pensare a un’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate pari a 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilo per quelli da diluire. Approvata con la legge di bilancio 2021, l’introduzione slittò al 2022. Poi fu rimandata al 2024, ma il Governo Meloni, anche su pressione dei produttori nazionali, ha rimandato l’attuazione al primo luglio 2024, Di nuovo posticipata, la legge è stata di nuovo discussa con la nuova manovra. Si era anche parlato di un ulteriore slittamento. E, invece, sembra che a luglio 2025 ci sarà la definitiva attuazione.
Sugar tax: il nuovo prezzo delle bevande gasate
Intanto l’associazione dei produttori di bibite analcoliche continua a protestare. L’effetto dell’introduzione della sugar tax potrebbe essere una contrazione del mercato del settore pari al 16%. Al consumatore, la bevanda potrebbe arrivare con un costo maggiorato fino al 28% (al litro). Ma di che aumento parliamo, dunque? Su una lattina di Coca, il sovrapprezzo dovrebbe essere di circa 5-10 centesimi al massimo.
A livello economico, però, l’imposta colpirà un settore che contrariamente a quanto percepito dall’opinione pubblica non è formato solo da grandi multinazionali. La produzione italiana è costituita per il 64% da piccole medie imprese, anche loro simbolo del Made in Italy. Il rischio stimato è che possano saltare più di cinquemila posti di lavoro e che si arriverà a un enorme calo degli acquisti di materia prima (tra cui soprattutto prodotti agroalimentari): la stima è di oltre 400 milioni di euro.
Anche Confindustria non sembra contenta della nuova tassa. Cristina Busi, presidente di Confindustria Catania e vicepresidente nazionale di ASSOBIBE, l’associazione che rappresenta i produttori di bibite analcoliche, ha parlato di una minaccia non solo per i produttori di bevande ma per l’intera filiera agroalimentare.
La sugar tax, che è già stata introdotta in vari Paesi del mondo, non offre risposte uniformi. In California, sembra che stia dando gli effetti sperati: è calato il consumo da parte di bevande gasate (vendute ora a prezzo maggiorato) da parte dei più giovani ed è diminuita (poco, in verità) anche la percentuale dei bimbi obesi. In Francia, nonostante l’aumento dei prezzi delle bevande zuccherate, il consumo non è mai calato.