Bisogna ammetterlo: Giorgia Meloni e soci amano, al limite dell’ossessione, istituire giornate nazionali. C’è anche un parlamentare, Peppe De Cristofaro, che, pallottoliere alla mano, ha provato a tenerne il conto tra una votazione e l’altra: ad oggi sarebbero più di 80, tra quelle già istituite e quelle ancora in cantiere e in procinto di essere approvate. Alcuni consiglieri parlamentari, tra una scartoffia e l’altra sussurrano e giurano infatti che i progetti di giornate nazionali su cui stanno lavorando potrebbero essere più o meno una cinquantina. Trenta o forse più invece, secondo il pallottoliere, le giornate già approvate.
Insomma, lo sanno tutti: i parlamentari, quando non sanno come farsi notare, tentano sempre la carta della giornata nazionale. L’onorevole speranza è che così, almeno, il loro nome resterà per sempre legato a qualcosa. Il problema però è che continuando così presto finiranno i giorni del calendario.
Qualche esempio sparso: la giornata nazionale del panettone, la giornata nazionale del made in Italy (ma non è forse un paradosso usare l’inglese per qualcosa che dovrebbe celebrare la cultura italiana?), la giornata nazionale della cultura motociclistica, la giornata nazionale del riciclo della carta (da non confondere con la giornata del riciclo, e basta), la giornata nazionale dei figli d’Italia (qualunque cosa significhi), e, perché no, anche la giornata nazionale della ristorazione. All’appello delle giornate nazionali forse ne manca ancora solo una: la giornata nazionale delle giornate nazionali.