L’omicidio di Santo Romano, diciannovenne promessa del calcio, ha sconvolto la comunità di San Sebastiano al Vesuvio e gettato luce su una tragedia scaturita da un motivo incredibilmente futile: una scarpa calpestata, e neanche dal diretto interessato. Secondo quanto emerso dalle indagini, il responsabile dell’omicidio, un ragazzo di 17 anni, avrebbe perso il controllo dopo che qualcuno gli ha calpestato per errore le scarpe, un paio di Versace da 500 euro. Il giovane, detenuto nell’istituto minorile di Nisida, ha ammesso il motivo: “Mi hanno calpestato le scarpe, sono di Versace e le ho pagate 500 euro”. Il giudice ha ritenuto irrilevante la giustificazione di legittima difesa sostenuta dall’avvocato del ragazzo, sottolineando la gravità e la futilità del gesto.
Le dinamiche dell’omicidio
La sera dell’omicidio, le telecamere di sorveglianza della piazza Raffaele Capasso hanno ripreso il momento fatale. Il 17enne, seduto nella sua Smart, ha sparato due colpi di pistola, uno dei quali ha colpito Santo al petto, uccidendolo, mentre un amico della vittima è stato ferito al gomito. Testimoni raccontano che, subito dopo essere stato colpito, Santo si è sollevato la maglietta per mostrare il foro nel petto prima di accasciarsi a terra. Alcuni minuti prima dell’incidente, il minorenne aveva puntato la pistola sotto il mento di un altro giovane, mostrando una predisposizione alla violenza che si è poi concretizzata nell’omicidio di Santo. Nonostante i tentativi dell’avvocato difensore di sostenere la tesi di uno sparo accidentale, le prove mostrano un gesto intenzionale, motivato da una vendetta insensata.
Nessuna legittima difesa
La giudice Anita Polito ha respinto categoricamente l’ipotesi della legittima difesa, definendo l’atto del giovane caratterizzato da una violenza inaudita e priva di rimorso. Nel suo provvedimento, il giudice ha sottolineato l’evidente pericolosità del ragazzo, descritto come privo di resipiscenza e incapace di comprendere la gravità delle sue azioni. La famiglia, incapace di esercitare un’adeguata influenza sul giovane, non ha saputo limitare i suoi comportamenti devianti, e il ragazzo ha persino distrutto la scheda del suo telefonino e gettato l’arma, nel tentativo di occultare le prove.
Le scuse dei genitori: una richiesta di perdono che suona vuota
Dopo la convalida del fermo, la famiglia del minorenne ha inviato una lettera alla famiglia di Santo Romano chiedendo perdono e dichiarando che “questa famiglia non ha più un figlio”. Tuttavia, per chi ha conosciuto Santo, queste parole suonano vuote. La fidanzata di Santo, Simona, ha dichiarato in un’intervista che le scuse appaiono come una strategia: “Le scuse non servono a nulla, nessuno ci riporta indietro Santo. Parlano di umiltà? Se sei umile, non indossi orologi costosi, non hai un telefono da duemila euro né guidi una Smart senza patente”. Parole che riflettono il dolore e la frustrazione per la perdita di un giovane amato.