Comunque la si voglia girare la nomina di Raffaele Fitto a vice presidente della commissione europea è una vittoria di Giorgia Meloni che si è dimostrata pure in questo caso una europeista convinta.
Ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per superare gli ostacoli anche e soprattutto interni (che certi italiani non votino per un italiano è incredibile), ma alla fine è riuscita a spuntarla a dispetto di una sinistra nostrana che non si capisce dove volesse arrivare.
Meloni sottoprodotto fascista? Non pare proprio
Il ritornello che accompagna i nemici della premier è sempre lo stesso: “E’ un sottoprodotto della cultura fascista”. Lo ripetono continuamente in specie da quando la Meloni si è seduta sulla poltrona di Palazzo Chigi.
I pretesti sono tanti, ma si rinnovano. Ogni giorno se ne presenta uno. Il più recente riguarda la fiamma che è nel simbolo dei Fratelli d’Italia. “Ricorda il fascismo di Giorgio Almirante”, il leader del Movimento Sociale. Che volete di più? Eccola la lampante dimostrazione.
Lacerati dal dibattito sulla fiamma
Ora, con tutti i problemi che il nostro paese deve combattere e superare, è possibile che si debba discutere per giorni se quella fiamma deve essere “sacrificata”?
Non crediamo che l’italiano medio aprendo la mattina il suo giornale preferito voglia sapere se l’impasse è stato superato o meno. Forse al padre di famiglia, con due figli a carico, piacerebbe leggere ad esempio che il carrello della spesa costerà di meno, che i figli piccoli potranno andare all’asilo gratis, che le manifestazioni di piazza non si tramutino in una guerriglia a tutto campo che finisce con tanti feriti.
Forse, anzi senza forse, vorrebbe sapere che le due guerre che minacciano la nostra pace siano al tramonto e che anche in Italia si sia tutti dalla stessa parte.
Invece, sulle prime pagine e nei talk show che guardano essenzialmente a sinistra la fa da padrone la fiamma che vuol dire fascismo, un sostantivo che bisogna cancellare.
Ma lo è già annullato da oltre ottant’anni. Probabilmente, ci si dimentica la storia e il piccolo particolare che l’Italia è una repubblica parlamentare dove trionfano la democrazia e la libertà.
Se questa è la situazione, perché parlare ancora di Giorgia Meloni come di un sottoprodotto della cultura fascista? Significa non volersi accorgere di quel che è avvenuto negli ultimi due anni in Italia. Si insisteva sul fatto che il nostro Paese sarebbe stato isolato, che la premier non avesse più un briciolo di credibilità in Europa, che non avremmo più avuto alleati perché considerati ultra conservatori.
Al contrario, che cosa è successo? Che l’isolamento era una congettura senza né capo, né coda; che nel vecchio continente l’Italia aveva un peso specifico per essere soprattutto una “fondatrice” della stessa Europa; che infine il nostro governo, guidato da Giorgia Meloni, di europeismo ne avrebbe mangiato volentieri mattina e sera perché era convinta che quella era l’unica strada da percorrere se si voleva raggiungere un traguardo.
Morale della favola: non sarebbe bene lasciare in un cantuccio problemi che non contano nulla? Non sarebbe auspicabile trovare qualche volta un denominatore comune che possa risolvere le difficoltà quotidiane che assillano decine di migliaia di famiglie? Quindi, lasciamo stare la fiamma: che arda o no è un piccolo dettaglio di fronte alle necessità urgenti del nostro Paese.