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L’EDICOLA, il Corriere: “Libano, stop alla guerra”. La Repubblica: “Tregua sotto le bombe”. Il Fatto: “I soliti noti si raddoppiano i fondi, ma il Colle li stoppa”

La tregua in Libano, le proteste a Milano e lo stop del Colle al raddoppio dei finanziamenti per i partiti: questi i temi principali sulle prime pagine dei giornali di oggi. Il Corriere: “Libano, stop alla guerra”. La Repubblica: “Tregua sotto le bombe”. Il Fatto Quotidiano invece apre sul finanziamento ai partiti: “I soliti noti si raddoppiano i fondi, ma il Colle li stoppa”.

Ecco la rassegna stampa di oggi:

“Libano, stop alla guerra”. (Il Corriere della Sera)

“Beppe Grillo è riuscito a inchiodare la sua creatura, il M5S, così da fargli perdere — dopo un mese abbondante di conclave — altre due settimane. A norma di un codicillo da statuto, ha costretto il movimento a ripetere la votazione che lo aveva travolto nella sua doppia veste di garante e fondatore. Voto accolto dagli iscritti con un boato di approvazione a tal punto fuori misura che in molti, tra i vincitori, hanno avvertito la necessità di porgere al comico le proprie scuse. Ma a Grillo di quelle scuse importa assai poco. Pretende che si rigiochi la partita. E otterrà quel che vuole. A che pro?” (L’editoriale di Paolo Mieli, Il Corriere della Sera)

“Grillo ha sempre parlato di democrazia diretta, ora sembra non volerne accettare le conseguenze. Ma va benissimo così, rivotiamo e accettiamo il risultato, ovviamente ciascuno pronto a essere conseguente nelle azioni successive”. (L’intervista a Stefano Patuanelli, Il Corriere della Sera)

“Beirut, tregua sotto le bombe”. (La Repubblica)

“Precario e vulnerabile come tutte le intese fra acerrimi nemici, il cessate il fuoco Israele-Hezbollah è il risultato dell’azione congiunta dei presidenti americani Joe Biden e Donald Trump, il cui intento è innescare un effetto-domino in Medio Oriente per arrivare ad un’intesa per far tacere le armi anche nella Striscia di Gaza, basata sulla liberazione di tutti gli ostaggi da parte di Hamas entro il 20 gennaio 2025, quando si insedierà la nuova amministrazione Usa”. (L’editoriale di Maurizio Molinari, La Repubblica)

“Partiti, raddoppiati i fondi. Arriva lo stop del Quirinale”. (La Stampa)

“È giusto che, se un’esperienza giunge alla fine, venga onorata e non distorta e utilizzata per raccattare qualche voto. Auguro a questa nuova formazione politica di avere tutti gli spazi che merita, ma rischia più mandati che voti. Mio padre ha dedicato l’anima al Movimento, senza guadagnare un euro, come me”. (L’intervista a Davide Casaleggio, La Stampa)

“La grande fuga da Piazza Affari”. (Il Sole 24 Ore)

“Libano, l’ora della tregua”. (Il Messaggero)

“La paura di una guerra mondiale continua ad aleggiare sul pianeta. La politica e la diplomazia, le due Muse di ogni possibile pace, sembrano esauste e impotenti. Ma non è giusto rassegnarsi alla loro latitanza: perché l’unica vera chance di pace è proprio che esse tornino rapidamente a governare il destino delle comunità umane. Tant’è che la notizia della tregua tra Israele e Hezbollah ha già improvvisamente aperto un orizzonte di speranza. Vedremo se sarà efficace e duratura, ma intanto mettiamo con sollievo agli atti un primo, decisivo cambio di rotta”. (L’editoriale di Ferdinando Adornato, Il Messaggero)

“Il taglio del canone Rai noi non lo votiamo”. (L’intervista ad Antonio Tajani, Il Messaggero)

“Più finanziamenti ai partiti, Mattarella blocca tutto”. (Il Giornale)

“Un po’ di tregua”. (Il Manifesto)

“I soliti noti si raddoppiano i fondi, ma il Colle li stoppa”. (Il Fatto Quotidiano)

“L’idea che con Trump possa scoppiare la pace o almeno la tregua in Ucraina ha gettato nel più cupo sconforto i criminali di guerra americani e gli scemi di guerra europei. Il che la dice lunga su quanto avessero investito nel conflitto con la Russia sulla pelle degli ucraini”. (L’editoriale di Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano)

“La rivolta degli immigrati”. (La Verità)

“La rivolta dei migranti. Milano a ferro e fuoco”. (Libero)

“Non l’ignobile Tribunale penale internazionale, ma i libri di storia renderanno giustizia a Benjamin Netanyahu, un primo ministro che, nel momento più grave per Israele dal dopoguerra, ha sfoderato coraggio e leadership, qualità che servono quando guidi il tuo Paese in una sfida esistenziale”. (L’editoriale di Mario Sechi, Libero)

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