In Siria si è riaperto il focolaio di una guerra che pensavamo fosse terminata da diversi anni. In realtà abbiamo scoperto che non è affatto così. E scopriamo anche che i ribelli anti Assad che hanno conquistato Aleppo si sono preparati per mesi, addestrandosi e accumulando armi. E visto che i tre regimi che appoggiano il presidente della Siria sono in difficoltà per via delle guerre in Medio Oriente ed Ucraina, (Iran, Hezbollah e Russia), i ribelli hanno deciso di agire proprio in questo momento.
L’azione, in fondo, era in qualche modo attesa dato che nasce anche come risposta all’esercito siriano che nei mesi passati aveva compiuto continui bombardamenti sulle zone occupate dai ribelli.
I ribelli
Vediamo chi sono i ribelli. La forza principale è quella degli ex qaedisti di Hayat Tahrir al Sham (HTS). La formazione è guidata da Abu Muhammad al Juwlani, un veterano che ha portato il movimento su una linea più pragmatica manifestata anche nell’approccio collaborativo con i civili. Ci sono poi altre formazioni tra cui quelle filo-turche e jihadiste. Ci sono poi gli uzbeki, i musulmani cinesi degli uighur e quelle dei militanti caucasici.
Hayat Tahrir al-Sham si è subito “intestata” la guida, creando così una sigla che rappresenta una sorta di “bandiera”. Al-Juwlani, stando a fonti libanesi, sarebbe nel frattempo morto durante un raid aereo russo. Il suo gruppo è ovviamente ancora attivissimo, pur essendo consapevole di essere in parte osteggiato dalle altre componenti e di essere un osservato speciale da parte di tutti: sia da chi osteggia il presidente siriano Bashar al-Assad, che, è bene ricordarlo, controlla solo il 60% del paese, sia da chi appoggia il regime siriano.
Per conquistare Aleppo i ribelli hanno usato droni-kamikaze e veicoli-bomba sempre con kamikaze. Si crede che possano anche aver scavato dei tunnel. Hanno poi creato due forze speciali che hanno agito sul luogo.
Le unità di Assad sono invece apparse demotivate e incapaci di tenere le posizioni. Il paese vive infatti una situazione tragica, devastato da terremoti, distruzioni legate ancora al conflitto di 10 anni fa e da problemi economici. Mancando l’appoggio russo e iraniano, l’esercito siriano non ha potuto di certo reagire con decisione.
La Turchia
Oltre alla Russia e l’Iran c’è un altro attore, fra l’altro storicamente alleato delle due nazioni che appoggiano Assad. Si tratta della Turchia che, come spesso accade, ha deciso di giocare su due tavoli. Ankara vuole infatti esercitare forti pressioni sul Kurdistan siriano per contrastare i separatisti curdi che si sono subito mobilitati, scontrandosi con gli insorti per il controllo dell’aeroporto di Aleppo.
I curdi siriani e gli Stati Uniti
I curdi appoggiano Assad e agiscono insieme agli americani nel nord est del Paese per fermare i combattenti che si rifanno allo Stato Islamico che controllano ancora parte della Siria. Gli Usa dispongono di numerosi avamposti, ma rispetto alla Russia non controllano porti che si affacciano sul Mediterraneo.
Israele
Israele, per fare la guerra agli Hezbollah libanesi, ha compiuto centinaia di raid in Siria eliminando allo stesso tempo preziosi consiglieri iraniani. Ha poi distrutto depositi e fabbriche di armi che si trovavano in Siria. Israele non spera ovviamente che vincano gli islamisti e per questo, da quando è nata la rivolta e l’occupazione di Aleppo, si è tirata fuori evitando scontri diretti.
Tra i vari retroscena di cui si parla c’è chi arriva ad ipotizzare un accordo tra i due nemici storici, Turchia e Israele, magari con coinvolgimento delle monarchie sunnite del Golfo. Il tutto per avere un nuovo assetto in chiave anti-ayatollah nell’area.
C’è chi parla anche di un intervento prossimo della Russia che però è alle prese con l’invasione dell’Ucraina e, a parte i bombardamenti, al momento non si è ancora fatta vedere.
Per quanto riguarda invece gli Usa, nella nuova amministrazione Trump c’è chi nei mesi scorsi ha parlato esplicitamente di volersi ritirare da diversi scenari in cui ci sono tensioni. E uno di questi scenari è proprio la Siria.