Un trionfo. La Prima della Scala ha regalato una serata inaugurale d’altri tempi. La forza del destino, capolavoro di Giuseppe Verdi, ha infiammato il pubblico. Teatro esaurito, perfette le voci, sontuosa l’orchestra, superbo il coro, dodici minuti di applausi finali (e qualche inatteso buu); fischi “anti-putinuani alla soprano russa). E’ piaciuto il “palcoscenico rotante”, l’idea madre della messa in scena come figurazione del destino contrario alla felicità.
Non sono mancate le proteste fuori dal Piermarini (il letame dei pacifisti e centri sociali al corteo “pro PAL) ma le forze dell’ordine hanno evitato danni e scontri. Proteste ritenute assurde nel giorno dell’opera contro la guerra. Il pubblico è entrato senza problemi.
In platea anche attori e campioni
Mentre nel palco reale si sistemavano Liliana Segre, chiamata a prendere il posto nel palco reale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato a Parigi per la riapertura di Notre-Dame, con La Russa e il ministro Giuli insieme con il sindaco di Milano, al governatore, al prefetto, facevano il loro ingresso l’attore Favino, il ballerino Roberto Bolle, il campione olimpico Tamberi.
Dal loggione, prima dell’inizio dell’opera, si è levata una voce: ”Salvate Sant’Agata”, cioè la villa di Verdi abbandonata a Villanova d’Ardda (Piacenza). Nell’intervallo Bruno Vespa e Milly Carlucci hanno intervistato l’attore Alessio Boni e i tenori Placido Domingo: e José Carreras. Domingo ha detto: ”È bello essere qui, nel tempio della lirica. Tutto il mondo guarda la Scala“. Presente Raina Kabainvanska, 89 anni, soprano bulgaro, un lungo rapporto con la Scala negli anni ‘60.
Il cast stellare di una cupa tragedia
Tre cantanti in primo piano: il soprano russo Anna Netrebko (Leonora), il tenore statunitense Brian Jadge (Alvaro) e il baritono marsigliese Ludovic Tezier (Carlo). Tre grandi voci che hanno composto l’architrave dell’opera di Giuseppe Verdi in un intreccio di amore, onore e morte.
Il cast è stato completato da Carlo Bosi (Maestro Trabucco), Marco Romano (fra Melitone), Vasilisa Berzanskaya (Preziosilla), Alexander Vinogradov (Padre Guardiano), Fabrizio Beggi (marchese di Calatrava), Marcela Kahal (Curra), Huanhong Li (un alcade), Hhieldo Hyseni (un chirurgo). Per la cronaca il melodramma è durato 3 ore e 47 minuti, intervalli inclusi.
E nel corso dei quattro atti sono stati esplorati i temi di destino, vendetta e redenzione con una musica potente, e evidenziato il messaggio di pace in un mondo ancora oggi lacerato dalla crudeltà sanguinosa dei conflitti tra i popoli. E la cecità dell’uomo, sordo a quel coro che gli ricorda “nella guerra e’ la follia”, ci ha ripetuto che l’odio non porta da nessuna parte.
Sul palco 450 personaggi
Una cifra che comprende protagonisti, coristi e comparse. Per realizzare i loro abiti la costumista Silvia Aymonino ha utilizzato 1.500 metri di tessuto, quasi tutto lino. Ne è uscita un’opera pittorica; “quasi un acquerello “, come ha detto la stessa stilista romana cresciuta nella formidabile “Sartoria Tirelli”, nonché collaboratrice di leggendari registi teatrali come Pier Luigi Pizzi, oggi 94enne, o come il fiorentino Piero Tosi (1927-2019). Una particolarità dei personaggi è che, nell’ attraversare le epoche, ciascuno ha portato con sé un elemento. Ottima la regia di Leo Moscaato, scene di Federica Parolini, luci dí Alessandro Verazzi, coreografie di Michela Lucenti.
Il talentuoso Riccardo Chailly
Il direttore d’orchestra milanese Chailly a 71 anni ha vissuto alla Scala – di cui è direttore musicale dal 2015 – una serata memorabile; una delle più intense delle 11 inaugurazioni effettuate. Ha voluto fortemente portare in scena “La forza del destino” e ne è uscito soddisfatto. Soddisfatto soprattutto del cast, compreso il tenore Jadge, giunto all’ultimo sull’onda del “gran successo di questi giorni a Barcellona”.
Quanto alla Netrebko, con cui da anni lavora, non ha esitato a definirla “la mia eroina verdiana”. Inevitabile il commento sulla interpretazione della “Vergine degli angeli“ ricoscendo le eccezionali qualità del soprano russi: ”Stacca tutti noi da terra, è sopra di noi. Di grandezza assoluta“. Alle 18.02 ha diretto l’Inno Nazionale.
I quattro momenti da brividi
La platea della Scala è rimasta stregata da quattro momenti musicali in particolare. Eccoli.
LA SINFONIA – Il brano orchestrale, a sipario chiuso, ha aperto il melodramma. Dieci minuti straordinari e applauditissimi. Una ouverture possente al pari delle più celebri e conosciute di Verdi come “Il barbiere di Siviglia”, “I Vespri Siciliani”, “Aida”, “Giovanna d’Arco”, “Otello”, “Nabucco”, “La Traviata”, “Il Trovatore”. E dopo la sinfonia, la prima scena: ”Buona notte, mia figlia” iniziata alle 18.13 in un teatro già in piena sintonia e prodigo di applausi.
L’INNO RELIGIOSO – C’era da aspettarselo. “La vergine degli Angeli” ha chiuso il finale dell’atto secondo con un brano coinvolgente: intonato prima da un coro maschile, irrobustito dalle voci soliste del padre guardiano (basso) e fra Melitone (baritono) con accompagnamento di violoncelli, il brano si è fatto struggente con il soprano Leonora accompagnata dall’arpa.
IL RECITATIVO– Il terzo atto, prima della romanza di don Alvaro (tenore), inizia il recitativo “La vita è inferno all’infelice”, brano che in passato è stato sublimato da tenori del calibro di Beniamino Gigli, Franco Corelli e Jonas Kaufmann.
LA MELODIA – Prima del finale ultimo Leonora ha regalato una melodia struggente. Titolo: ”Pace, pace, mio Dio”; “Alvaro,io t’amo. E su nel cielo e’ scritto: non ti vedrò mai più!. E’ la preghiera di Leonora che chiede a Dio di morire perché solo la morte può darle pace. Applausi prolungati. Interpretazione da cineteca. Sipario alle 22.06 ed ovazioni, loggione scatenato. Serata memorabile.