Afghanistan, l’avanzata dei talebani è ormai inarrestabile, sono a pochi chilometri dalla capitale. Il presidente Ghani annuncia “consultazioni in corso” per fermare la guerra. Tremila marines in città per proteggere il ritiro Usa. Nell’insieme è una vergogna.
La fine della occupazione occidentale dell’Afghanistan fa il paio, quasi mezzo secolo dopo, con l’abbandono del Vietnam ai comunisti del Nord. Con una differenza: che allora gli Usa abbandonarono a seguito di una inesorabile sconfitta militare. E sotto la pressione dell’opinione pubblica mondiale, ben alimentata da Mosca. Il porto di Genova stava per morire soffocato dagli scioperi dei portuali in solidarietà col popolo vietnamita.
A Washington e nel resto del mondo centinaia di migliaia di persone sfilavano per sostenere la causa vietnamita. Inoltre gli americani, con più di 40 mila morti, non reggevano più il fronte interno: c’era la leva obbligatoria e in Svezia c’erano più giovani americani renitenti alla leva che a New York.
L’occupazione dell’Afghanistan, a seguito di una trionfale guerra quasi lampo, si è mantenuta, per un ventennio, senza dissensi. Forse si poteva fare di meglio, forse gli americani e la NATO al seguito, potevano trovare altre strade.
Ma nessuno può negare che l’Afghanistan dopo anni di feudalesimo, di occupazione sovietica, di devastazione medievale islamica talebana, hanno conosciuto, grazie all’occupazione occidentale, una primavera. Presto si trasformerà in un gelido inverno. Certo solo nelle città, nelle campagne i talebani hanno sempre dominato. Ma così è sempre avvenuto, nella storia del mondo, nella distribuzione del progresso e del benessere.
Vedremo come finirà. A meno di una inversione a u degli americani, finirà male. Finirà male per i poveri afghani, come finì male per parte dei curdi dopo la guerra in Iraq, ma poi gli americani fecero marcia indietro per via del petrolio.
Andò peggio a quei poveri russi e ucraini che si erano rifugiati in occidente per sfuggire a Stalin e a Hitler. Nel 1945 Churchill li rispedì nelle braccia di Baffone e di loro no si seppe più nulla.
A noi però tutto questo può interessare fino a un certo punto. Di una cosa dobbiamo invece essere consapevoli. Dei rischi per l’Occidente tutto, Italia inclusa, derivanti dalla caduta di Kabul.
Un primo dato emerge e costituisce uno dei principali punti di debolezza per il nostro futuro. Viene confermato quanto sia inetto Biden, che ha di fatto completato l’opera malvagia di Trump. Col ritiro dall’Afghanistan, Trump faceva un grande regalo a Putin. Il capo russo contava di rientrare nel Grande Gioco e ora si troverà a fare i conti con il gigante cinese.
Forse Putin contava di tornare a occupare lui l’Afghanistan nel caos, di tornare ai tempi di Breznev e del grande espansioniso sovietico. Ma quei tempi sono passato remoto, la Russia non è l’Unione Sovietica né in temini militari, né economici, né di sostegni nel mondo. Non c’è più Stato guida, né partito guida.
E la Russia non costituisce più l’alternativa. Non si discute più di capitalismo o socialismo. Ora c’è la Cina, capitalista nella gestione dell’economia, comunista nella gestione del potere e delle risorse.
Leggete questo articolo, non spiega tutto, non spiega i retroscea ma aiuta a capire: L’avanzata dei talebani e le mire della Cina.
Per la Cina un accordo di ferro con i talebani, sulla pelle dei poveri Uiguri, apre l’autostrada verso l’Europa e l’Atlantico. La via di Alessandro Magno alla rovescia.
Biden ha tenuto fede agli impegni di Trump, ora Trump se la ride e l’onta dell’infamia ricadrà su di lui.
La caduta di Kabul ci deve fare riflettere. Dovrebbe ancor di più fare riflettere gli americani. Noi comunque dobbiamo aver chiaro che fra Cina e Usa, dalla parte di là, c’è l’Oceano Pacifico, di qua c’è la Russia e poi ci siamo noi Europa e Italia.
Che sui due presidenti degli Stati Uniti succedutisi negli ultimi anni si proiettino sinistre ombre di ricatto e corruzione da parte di Russia e Ucraina, deve spaventarci. L’ombra è lunga, arriva fino ai finanziamenti cinesi ai Clinton, qualche nuvoletta arriva fino alle nostre parti (ega, M5s).
Quando Deng lancò, alla morte di Mao, le sue modernizzazioni, vedeva una Cina povera e esposta a tutte le invasioni. (Non solo il Giappone, ma persino l’Italia era entrata nel giro). 40 anni dopo la Cina è una potenza mondiale a pieno titolo. Ha ben altre forze per realizzare il disegno imperiale giapponese. Di più, ha una visione mondiale e globale, rafforzata da milioni e milioni di occhi e teste e braccia cinesi nel mondo. E la nostra politica estera è in mano a Di Maio.