ALITALIA: LA CAMPAGNA ELETTORALE CONTINUA

La Stampa pubblica un commento di Federico Geremicca sulla vicenda Alitalia intitolato ”Rivince Berlusconi”. Lo riportiamo di seguito:

”Il primo (Veltroni) dice: «Non mi assumo nessun merito, ma ho cercato di dare una mano in una vicenda gestita malissimo». L’altro (Berlusconi) manda a dire attraverso Cicchitto: «Veltroni non può cambiare le carte in tavola.

Prima ha puntato a far fallire l’operazione Cai, poi ha fatto marcia indietro quando ha capito che l’opinione pubblica era contro di lui». E così, il duello avviato la primavera scorsa, continua: su chi ha vinto e su chi ha perso, su chi è responsabile e su chi non lo è, su chi esiste e su chi è «inesistente», come il premier ebbe a dire proprio di Veltroni (salvo rettifica) qualche giorno fa. Certo, la conclusione è inequivoca: Alitalia agli italiani, disse Berlusconi in campagna elettorale, e Alitalia agli italiani è. Ma i leader di Cgil e Pd – in una partita che ha avuto più protagonisti e più poste in palio – hanno messo in campo un potere d’interdizione del quale il governo sbaglierebbe, per il futuro, a non tenere quantomeno conto.

La conclusione, dicevamo, sembra avvalorare la tesi sostenuta da Berlusconi sin dal primo irrigidimento della Cgil al tavolo della trattativa: pur di dare un colpo al governo – sostenne in sintesi il premier – il Pd è pronto a mandare in rovina l’Alitalia; pur di evitare il successo della cordata italiana da me evocata in campagna elettorale – aggiunse Berlusconi – Veltroni usa la Cgil per far saltare la trattativa. È una lettura plausibile di quanto accaduto? È certamente plausibile, e soprattutto è molto verosimile: ed è del tutto possibile che lo stato maggiore del Pd masticasse assai amaro, nei giorni scorsi, di fronte all’ipotesi che – dopo la soluzione del problema immondizia a Napoli – Silvio Berlusconi realizzasse anche la seconda (e più impegnativa) promessa fatta in campagna elettorale. Ciò detto, però, occorre mettersi d’accordo: perché o Veltroni è il «leader inconsistente» contro il quale il premier punta l’indice, e allora non si capisce da dove tragga il potere di far prima deragliare la trattativa per poi risistemarla sui giusti binari, mettendo faccia a faccia a pranzo Epifani e Colaninno; oppure non è poi così «inconsistente», e il presidente del Consiglio farebbe bene – allora – a rifare i suoi conti.

Infatti, all’ombra della vicenda Alitalia e dell’indubbio successo di immagine centrato dal premier, si sono giocate partite le cui dinamiche non lasciano presagire nulla di buono. È per esempio sembrato evidente il tentativo dell’esecutivo – attraverso ultimatum a ripetizione e annunci che «andremo avanti anche senza la Cgil» – di assestare un colpo al maggior sindacato italiano e perfino all’unità delle tre Confederazioni: occorre ricordare che una cosa simile accadde già nella legislatura 2001-06 (lì oggetto della rottura sindacale fu il cosiddetto «patto per l’Italia») e non si può dire che portò particolarmente bene. Ma altrettanto evidente è apparso l’obiettivo forse principale con il quale Epifani si è seduto al tavolo della trattativa: esercitare una sorta di diritto di veto per dimostrare che – al di là delle ragioni in campo – «senza la Cgil accordi non se ne fanno».

Non si tratta di dinamiche positive, come è evidente. Mettere – o tentare di mettere – la Cgil in un angolo mentre si avvia, per esempio, il confronto sulla riforma della contrattazione, non è certo il modo per aiutare una trattativa considerata da più parti decisiva; a maggior ragione, naturalmente, di fronte alle necessità di ammodernamento e razionalizzazione di cui il Paese ha bisogno, sarebbe dannoso e inspiegabile un arroccamento della Cgil teso a ribadire un potere di veto e interdizione del quale non si sente affatto il bisogno.

Ma più in generale, se è lecito esprimere un auspicio, sarebbe ora di dare un colpo di freno al clima da campagna elettorale continua che rischia di impadronirsi anche di questa legislatura. Piuttosto che a ripicche e rivincite personali, sarebbe meglio se maggioranza e opposizione – e i rispettivi leader innanzitutto – assolvessero al ruolo loro assegnato dagli elettori. Piuttosto che tentare di rendere irrealizzabili le promesse elettorali del premier, insomma, sarebbe certo più utile che Veltroni s’impegnasse alla costruzione di quell’opposizione propositiva e visibile che viene invocata dall’interno del suo stesso partito (tuttora penalizzato da qualunque sondaggio). E il presidente del Consiglio – sparito nel pieno della trattativa Alitalia per una cura rilassante in un castello umbro – farebbe cosa assai più produttiva impegnandosi per arginare la crisi economica in cui versa il Paese, precipitato ormai nel baratro della crescita zero. Si tratta, probabilmente, di auspici banali: ma certe volte, si sa, può servire perfino ripartire proprio dalle cose più banali”.

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