Allarme Ue: “Attenti, può spezzarsi al società”. È il terzo stadio della crisi

Questo non l’avevano finora mai detto: «A rischio la coesione sociale». È la frase pronunciata da Claude Juncker, presidente della Commissione europea, di fronte al Parlamento dell’Unione. Dunque è lo stesso tessuto della società che può lacerarsi, sotto il peso e lo strappo imposto da una disoccupazione continentale che viaggia verso il 10 per cento della forza lavoro.

Anche Berlusconi, chiudendo i lavori del g8 Social Summit 2009 tenutosi a Roma, ha parlato dei «20 milioni di posti di lavoro in meno nel 2010 nel mondo». Il Cavaliere prevede che la crisi economica «durerà almeno due anni, due anni e mezzo» e, a proposito della spesa sociale, ha annunciato: «Non sono spaventato se ci sarà un aumento del debito pubblico per affrontare una spesa provvisoria che è la prima necessità».

Prima il passaggio, anzi il contagio dalla finanza, dalla cosiddetta economia di carta, a quella “reale”, cioè alla produzione e al consumo. E ora la possibilità del terzo stadio della crisi: la politica. Politica intesa non come rapporto tra partiti ma come patto e legame tra gruppi sociali. In altri termini si rischia in Europa, perfino in Europa, panico, conflitto e instabilità sociali.

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