Assange e Navalny: due storie diverse che si richiamano. Due personaggi quasi opposti che però hanno in comune lo spessore (enorme) dell’avversario, rispettivamente gli Stati Uniti e la Russia di Putin. Cioè uno Stato di diritto per definizione e una satrapia famelica e sanguinaria; una democrazia di riferimento ed una falsa democrazia travestita da dittatura vera.
Risultato: l’attivista australiano è sfuggito, almeno per ora, alla giustizia USA ed è vivo, l’attivista russo non è sfuggito agli artigli dello zar ed è morto. Il futuro dell’ex caporedattore e fondatore di Wikileaks è appeso a un filo; la sua sorte dipende dal verdetto dell’Alta Corte di Londra (il giornalista è rinchiuso nel carcere di Belmarsh dal 2019) che si pronuncerà a giorni sulla sua estradizione negli Stati Uniti.
Estradizione che vorrebbe dire la morte certa in una galera americana. Invece il futuro di Navalny è già scritto: è morto ammazzato nel carcere siberiano di Charp il 16 febbraio scorso “con un pugno al cuore assestatogli dopo averlo lasciato due ore al gelo” (ipotesi Times).
DUE MESSAGGI DI SPERANZA
In comune la storia dei due “martiri” della informazione ha questo: Navalny rappresenta la speranza di una democrazia (prima o poi le dittature crollano); Assange ne rappresenta i limiti comunque non invalicabili. Certo, Assange ha violato le leggi USA in materia di sicurezza nazionale e questo è gravissimo per Washington. E si può anche concordare in punta di diritto. Eppero’ il giornalista australiano ha anche portato a galla una verità che, per lunghi anni, ha nutrito i media di mezzo mondo. Assange ha rivelato i crimini occidentali, Navalny ha combattuto per la libertà . Due gladiatori.
LA SMANIA ITALIANA DI PESARE LE DUE STORIE
Niente da fare,il vezzo italico di “spaccare il capello in 4”, di bizantiniggiare (specie nei moribondi talk show) è irresistibile. Irrefrenabile. Impazza la moda di pesare i due dissidenti, mettere sui piatti della bilancia le loro storie, strumentalizzarle. Almeno fino alla prossima. Si discute a capocchia, l’importante è parlarne. Tutto fa brodo: la Farnesina che convoca l’ambasciatore russo per chiedergli “piena chiarezza su Navalny“ e sentirsi replicare: ”È un affare interno”.
Ci si è messa anche Laura Morante che e’ impegnata da tempo nella difesa di Assange e ha definito Navalny un reazionario. Anche Michele Santoro ha voluto dire la sua e si è attaccato alla fiaccolata di Roma “ una scusa per armare Kiev e l’Europa “. Senza parlare della presunta ambiguità che imbarazza il governo per le posizioni ipergarantiste assunte da Salvini. Un fiume di parole non inatteso. Siamo in campagna elettorale.