BASTA CON LA RECIPROCA DEMONIZZAZIONE

Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Michele Salvati sulla politica italiana intitolato ''La distensione necessaria''. Lo riportiamo di seguito:

''Le esortazioni all’ottimismo del presidente del Consiglio sempre più assomigliano agli «allegria, allegria!» di Mike Buongiorno. C’è poco da stare allegri. Come tutti i Paesi sviluppati, anche il nostro è preso nel vortice della più grave crisi economica del dopoguerra. Ma soffrirà più degli altri: cresceva di meno quando gli altri crescevano, probabilmente arretrerà di più mentre gli altri ristagnano o decrescono.

La ragione di ciò risiede in guasti antichi, mai riparati, delle nostre strutture economiche, sociali e istituzionali: risiede in un terzo del Paese che è tuttora incapace di sviluppo autonomo; in un assetto produttivo che, pur non mancando di punti di forza, non è in grado di compensare la debolezza dell’insieme; in essenziali servizi pubblici—scuola e giustizia sono nel mirino, ma non si tratta solo di questi — che funzionano male; in un’etica pubblica e in un grado di civismo al di sotto degli standard di un Paese progredito; in livelli di corruzione — in tutti i casi in cui il pubblico si incontra col privato — che sono invece superiori a quelli dei Paesi cui ci confrontiamo; per non dire di un sistema criminale che in molte aree ha sostituito lo Stato come monopolista della violenza, della capacità di sanzione.

Non mancano disegni condivisi per riparare questi guasti antichi, premessa indispensabile per soffrire di meno durante la crisi internazionale e tornare a crescere quando sarà finita. Alcuni sono stati attuati con successo nella fase di riforme che seguì alla crisi della Prima Repubblica, tra il 1992 e il 1998, quando l’emergenza premeva, gli obiettivi macroeconomici (il risanamento e l’euro) erano chiari, e la politica politichese aveva allentato la sua morsa. L’azione riformatrice non venne però perseguita con la stessa intensità dai governi successivi: le riforme strutturali contrastano con interessi tenaci e bisogna insistere, con pazienza e per lungo tempo, prima di scorgere risultati apprezzabili. Pazienza, capacità di contrastare interessi, attenzione al lungo periodo sono virtù deboli in ogni sistema democratico, costretto a frequenti riscontri elettorali. Ancor più deboli nel nostro, per alcuni caratteri che esso venne acquistando dopo la crisi politica dei primi anni ’90. Si verificò infatti un fenomeno singolare: proprio quando erano crollate le ideologie e superati i conflitti internazionali che avevano giustificato lo scontro di sistema della Prima Repubblica; proprio quando un avvicinamento, e un avvicendamento, su una piattaforma riformistica largamente comune sembravano a portata di mano, la riforma della legge elettorale e la «discesa in campo» di Silvio Berlusconi contribuirono a creare un sistema politico bipolare caratterizzato da un’intensità polemica tra i due schieramenti, e da una pratica di reciproca demonizzazione, sconosciute in altri Paesi.

Come se all’attenuazione dei motivi che ovunque distinguono una piattaforma politica di centrodestra da una di centrosinistra — e di solito hanno a che fare con le politiche economiche e sociali — si fosse reagito esasperando motivi di contrasto —sul ruolo della magistratura, sul conflitto di interessi, su un disegno di grandi riforme costituzionali— che in altri e più fortunati Paesi non sussistono proprio e comunque non dovrebbero avere a che fare con la distinzione tra i due principali schieramenti politici. Una situazione di reciproca demonizzazione, di lotta esasperata, di raccolta di tutte le forze che consentono di battere l’avversario e conseguire il premio elettorale, non contribuisce a formare governi coerenti e a creare un’atmosfera in cui è agevole affrontare le riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno: riforme che spesso esigono la condivisione o quantomeno la tolleranza da parte delle opposizioni. Condivisione e tolleranza oggi più facili, per l’attenuazione dello scontro ideologico, e premessa indispensabile affinché l’azione riformatrice possa essere proseguita sugli stessi binari nel caso che l’opposizione dovesse prevalere nella successiva tornata elettorale.

Auspicare che l’esasperazione polemica si attenui non è solo un innocuo buon proposito di fine anno. In molti campi — in materia di federalismo, di pubblica amministrazione, nella stessa istruzione pubblica e in altri ancora — ci sono forze della maggioranza e dell’opposizione che già stanno cooperando al fine di definire le riforme di cui il Paese ha bisogno. E nello stesso Partito democratico lo "spirito del Lingotto" sembra aver ripreso a soffiare. Sta soprattutto al Presidente del Consiglio indirizzare l’azione di governo in modo tale da favorire una reciproca distensione. Predicare ottimismo è doveroso. Ma affinché queste prediche abbiano una consistenza un po’ maggiore degli "allegria" di Mike Buongiorno sarebbe opportuno non alimentare sospetti e preoccupazioni nell’opposizione, sempre tentata da uno scontro frontale, con annunci estemporanei di possibili riforme costituzionali in senso presidenziale, o con altre uscite di simile tenore''.

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