Beppe Grillo, declino, rivolta e cortigiani nascosti dal pc

Beppe Grillo, declino, rivolta e cortigiani nascosti dal pc
Beppe Grillo. Solo un mese fa arringava il suo popolo da una gru sopra il Circo Massimo a Roma. Ora è asserragliato nella sua villa al mare

ROMA – “Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere” disse Beppe Grillo nel febbraio 2013 in piazza S. Giovanni concludendo a Roma la campagna elettorale che avrebbe per sempre cambiato l’Italia.

“Non vedo l’ora di uscire da qui, non ne posso più di queste merde” ha detto giovedì Alessandro Di Battista, deputato Cinque stelle fedelissimo al verbo e ai modi del Capo alla fine di una giornata che è uno psicodramma politico e umano, conclusa nella nebbiolina di Marina di Bibbona dove in serata alcuni militanti M5S partiti in auto da Roma cercano di parlare con Grillo chiuso nella sua villa con vista mare e di capire i motivi delle due ennesime espulsioni.

Che equivalgono al suicidio del movimento.

In quelle due affermazioni, pronunciate rispettivamente ventuno mesi l’una dall’altra è racchiusa quella che ormai è la parabola del Movimento Cinque stelle. L’inizio e la fine di una storia che ha saputo illudere ma è stata incapace di costruire e alla fine si è disintegrata.

Il cupio dissolvi del comico leader politico è stato un crescendo netto e costante nell’ultima settimana. Dopo i risultati mediocri delle due elezioni regionali: 13,3% in Emilia Romagna, la regione dove il Movimento nacque e si organizzò nel 2008, contro il 19,2% di maggio; il 4,9 per cento in Calabria dove a maggio i Cinque stelle erano al 21,5%.

L’ultimo atto è stato quando all’improvviso Beppe Grillo giovedì mattina ha avviato la macchina della votazione via web per decidere l’espulsione di due parlamentari, Massimo Artini e Paola Pinna. L’accusa è “mancata rendicontazione”. Non avrebbero cioè rispettato una delle regole base del Movimento: versare parte della loro indennità (stipendio) parlamentare nel fondo creato apposta per le Pmi (piccole medie imprese).

Accusa odiosa. Accusa falsa. I due deputati, da tempo nelle file dei dissidenti, reagiscono postando sul web le foto dei rispettivi versamenti. Certo, a fondazioni e realtà diverse da quelle decise dal Movimento. Quindi, fuori dalla regole. Ma certo né Artini né Pinna si sono tenuti i soldi per sè. Non solo: come dimostra il sito tirendiconto.it, solo un parlamentare è in regola rispetto alle regole della rendicontazione. La maggior parte sono fermi a giugno. Altri ad aprile.

Dunque, qual è la colpa di Artini e Pinna? La decisione appare subito un pretesto. Assume il valore del gesto esemplare, definitivo, drammatico, della serie “colpirne uno per educarne cento”. L’estremo tentativo di serrare le fila di un Movimento che non risponde più in blocco. Ma può essere anche il gesto finale di un leader stanco, che vorrebbe lasciar perdere tutto e non sa come fare.

Resta da capire se l’ordine di procedere alla votazione, e quindi all’espulsione, è stato proprio di Grillo. Oppure di quei “mediocri” e “invisibili ma ben noti cortigiani nascosti dietro un pc” di cui parlano ormai da giorni, settimane e mesi – diciamo pure da maggio – molti parlamentari Cinque stelle. A cominciare dal sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Ne sapremo di più nelle prossime ore.

Come che sia, il risultato non cambia: il Movimento che voleva aprire il Parlamento come una scatola di tonno è arrivato al capolinea.

Magari non è finito. È finita però la parabola di Beppe Grillo. Posto che quella di Gianroberto Casaleggio da mesi è concentrata su altre e più personali questioni.

“È stanco, è stanco, vuole mollare” è stato il leit motiv di questi giorni da parte di quella minoranza sempre meno silenziosa sparsa tra Camera e Senato.

A febbraio 2013 furono eletti 163 parlamentari. Da allora, tra dimissioni ed espulsioni, se ne sono andati in 22.

“E poi non ne rimase nessuno….” recita il sarcasmo amaro di Claudio Messora, ex uomo forte della comunicazione Cinque stelle, partito a maggio per Bruxelles e dopo poco liquidato dagli stessi eurodeputati pentastellati.

L’ultima uscita forte del comico è stata a ottobre, al Circo Massimo. Poi il declino.

Incerto, per non dire scettico, davanti ai migliori, come Luigi Di Maio e Pizzarotti, che ne potrebbero essere gli eredi.

Imbarazzato quando i Cinque stelle hanno votato con il Pd il membro del Csm (“noi non facciamo accordi, è il Pd che ha fatto come dicevamo noi”). Assente nella campagna elettorale dove ha evitato comizi e uscite pubbliche.

Nell’ultima settimana poi Grillo ha inanellato una serie di uscite senza senso. Sbagliate.

“Abbiamo tenuto, l’astensione è un male che non ci riguarda” è stata l’analisi della debacle in Calabria e in Emilia Romagna del tutto priva di autocritica.

“Guai a chi torna in tv” ha tuonato contro Walter Rizzetto, deputato che martedì scorso ha osato partecipare al talk show mattutino di La 7 (Omnibus).

Il giorno dopo ha attaccato, sempre via blog, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Peccato che lo abbia fatto usando una lettera vecchia di un anno.

“Invisibili ma ben noti cortigiani scrivono nascosti dietro un pc” ha replicato il primo cittadino, da tempo nella lista nera, reo di aver convocato per il 7 dicembre a Parma una convention riservata ad amministratori e simpatizzanti Cinque stelle dal titolo: “Fare politica in maggioranza”.

Sono sempre i post sul sito di Grillo l’arma che dichiara guerra, mette al bando, espelle, ripudia. Già, ma chi scrive quei post? Chi sono gli “invisibili ma ben noti cortigiani nascosti dietro il pc”?

“Grillo sta facendo pulizia, la prova migliore che non ha alcuna voglia di mollare” dice in serata, alla fine di una giornata di delirio, un uomo forte dello staff. Ma è lui il primo a non crederci.

Difficile dire ora cosa succederà: scismi, secessioni, approdi nel gruppo del Pd o di Sel o, magari, della Lega. Le anime del Movimento sono sempre state multiple. Avevano il collante della rabbia. Della voglia di cambiare. Ma la protesta non è, purtroppo, mai riuscita a diventare proposta politica.

 

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