Berlusconi cabaret o paura che la Corte Costituzionale esca dal letargo e chieda conto del digitale terrestre?

Una selezione dal cabaret Berlusconi svoltosi la domenica delle Palme a Milano, al Teatro Nuovo, per l’apertura della campagna elettorale di Letizia Moratti, sindaco uscente che si ricandida.

Gag numero uno : “Amo molto le mie famiglie, ne ho fatte due”.

Gag numero due.  Silvio Berlusconi sostiene che serve la riforma costituzionale perche’ adesso il potere e’ diviso fra Camere, Consulta e Presidente della Repubblica: ”Quando dicono che sono l’uomo più potente d’Italia  dicono una bugia, a meno che non si riferiscano ad altre potenze…tutto ciò che vi passa per la mente corrisponde al vero”.

Gag numero tre: “Sono stato lunedì mattina nell’aula più grande del tribunale di Milano. In mio onore l’avevano rinfrescata. Era bruttissima, chissà cos’era prima”.

Poi questo flash dell’Ansa chiarisce il vero obiettivo: BERLUSCONI, CONSULTA NON ORGANO GARANZIA MA POLITICO ++ MEMBRI TUTTI DI SINISTRA

Se si può e forse si dovrebbe anche muovere una critica alla Corte costituzionale è che sono vent’anni che pazientemente si fa portare per il naso da Berlusconi, sprofondata in un letargo da cui potrebbe e dovrebbe prima poi uscire e chiedere conto di come stanno davvero le cose col digitale terrestre e dichiarare la legge Gasparri inapplicabile in materia di pluralismo, prima che diventi realtà lo scenario descritto da Vincenzo Vita su questo sito.

Rileggiamo quello che ha scritto su Blitzquotidiano Paolo Gentiloni, che è stato l’unico ministro delle Comunicazioni che ha tentato di togliere il velo alle bugie di Mediaset e della Rai: La promessa di un effettivo pluralismo in campo televisivo grazie al digitale terrestre “fu utilizzata per aggirare le pronunce della Corte Costituzionale che, lungo tutti gli anni Novanta e ancora nel 2002, in nome del pluralismo “esterno” (più editori in campo) imponevano a Mediaset di rinunciare a una sua rete analogica e a Rai di togliere la pubblicità da Rai Tre. Il 23 dicembre del 2003 con un decreto del Governo Berlusconi –e l’anno dopo con la legge Gasparri- la decisione della Corte fu aggirata appunto invocando l’imminente avvento del digitale terrestre. La realtà ha dimostrato che l’avvento del digitale terrestre non era affatto imminente e comunque non avrebbe fatto alcun miracolo.

“Per aggirare la Corte Costituzionale si disse che lo switch off sarebbe arrivato nel 2006, e solo con il Governo Prodi spostammo la data al 2012 (e si è visto che lo spostamento era giusto) e riproponemmo un limite di legge sia per le reti analogiche che per la pubblicità. Sappiamo che quella proposta finì con la fine anticipata del Governo Prodi. Ma il problema resta attuale.

“Il digitale terrestre, infatti, non ha diminuito in modo rilevante i livelli di concentrazione denunciati dalla giurisprudenza costituzionale. C’è stata una moltiplicazione di canali, ma non di editori: l’unico nuovo ingresso importante è arrivato dal satellite. E se Rai e Mediaset invece di sei canali ne hanno 30 non è detto che questo migliori il “pluralismo esterno” invocato dalla Corte. Quanto alla pubblicità, la tv continua a farla da padrona come in nessun altro Paese; e nella tv Mediaset e Rai continuano a raccogliere il 90% del totale.

“Sette anni dopo essere stata aggirata con il miracolo del digitale terrestre, per la Corte Costituzionale torna di attualità il dossier del pluralismo televisivo”.

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