Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ce la mette proprio tutta per diventare quel che in inglese si definisce “a figure of fun”, una caricatura.
In fondo lo si può anche capire. Un po’ c’è l’istinto del grande venditore, che risolve le situazioni più complicate con un cliente difficile con una gag, una barzelletta, una battuta. C’è anche la ribellione di uno che non fa politica per mestiere ma per difendere le sue personali imprese, e pensa a quant’è bravo lui e a quanti soldi ha fatto nella vita, e come potrebbe goderseli in qualche altra parte del pianeta, e invece è costretto lì, con quei noiosi politici stranieri, che hanno in comune, quale che sia il paese di provenienza, una cosa: la banalità e il grigiore. Viene naturale movimentare un po’ l’ambiente con una battuta, una barzelletta, un gesto goliardico.
Peccato però che Berlusconi dimentichi una cosa. Che lui non si trova lì perché è il padrone della Fininvest, ma perché rappresenta gli italiani, tutti: quelli che lo hanno votato e anche quelli che non lo hanno fatto. E che, purtroppo, in quei contesti, bisogna rispettare le regole di quel gioco, non le sue.
Altrimenti, il risultato è un’ulteriore disgrazia per l’immagine degli italiani all’estero, che già non è molto alta. Con tutti i film sulla mafia e la camorra, nel mondo pensano che Milano, Firenze, Bologna, Roma, Venezia siano sobborghi di metropoli chiamate Bagheria, Corleone, Scampia. E infatti può capitarvi che, in qualche parte del mondo, vi diano del mafioso anche se in Sicilia non avete mai messo piede.
E lo sapete che noi, discendenti di Roma imperiale, fratelli di sangue di Michelangelo e Leonardo, le nostre badanti e i loro mariti ucraini o romeni, lo sapete come ci chiamano tra loro? “Maccaroni”.
E “maccaroni” ci chiamano anche i francesi, tra cui Sarkozy, con il quale si è prodotto il nostro presidente del Consiglio in una delle sue ultime prodezze internazionali.
Gli ha detto: ti ho dato la moglie? Gli ha detto: ho studiato alla Sorbona?, Come sembra più probabile (il venditore, adattandosi all’interlocutore, può essere volgare, ma mai offensivo, è contro le regole). Cambia poco se il risultato è che una tv francese ha potuto trattare Berlusconi come un bauscia di terz’ordine. E questo, di doversi vergognare del primo ministro, non ce lo possiamo permettere, nemmeno quei tanti che non lo hanno votato.
Specie se poi gli insulti vengono da un paese il cui primo ministro: porta anche lui i tacchi rinforzati; è stato pubblicamente tradito dalla moglie, che è stata anche fotografata con l’altro sulla copertina di un settimanale (e lui, il tradito, ha fatto licenziare il direttore che ha pubblicato la foto: pensate cosa sarebbe successo da noi…); poco dopo l’abbandono definitivo da parte della moglie lui si è presentato con questa nostra connazionale emigrée, sposandola, non prima di avere chiesto alla ormai ex: “se torni con me lascio l’italiana”; e ora il presidente francese se la porta sempre dietro, anche quando fa discorsi pubblici, non si capisce se sia per far vedere a tutti che lui la donna ce l’ha o se sia per essere sicuro che non scappi anche lei.
Dalla noia, dal grigiore del protocollo, dalla mancanza di un sorriso?
Morale: i problemi privati di Sarkozy non entrano nella sfera politica, proprio perché lui li ingabbia e li protegge, ben attento alla forma che la politica impone. I fatti privati di Berlusconi entrano nella sfera politica perché si diverte a sovvertire la forma. E questo non se lo deve permettere, perché l’onta ricade su tutti noi e non solo: rischia di essere una spia di un male più grosso, l’eversione come dato centrale della sua politica.
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