Boom di internisti medici, crescono i 'dottor House' italiani

ROMA – Non saranno scorbutici e maleducati come lui, ma anche loro analizzano come investigatori i vari sintomi, conoscono un po' tutte le branche della medicina e alla fine riescono a risolvere anche il caso piu' complicato arrivando alla diagnosi: sono i medici internisti, l'equivalente italiano del Dottor House. Una figura che in Italia non conosce crisi e affascina sempre piu' le giovani leve. Uno su quattro ha meno di 40 anni e complessivamente sono 11.435, un esercito di professionisti che gestisce 39 mila posti letto per 1,2 milioni di ricoveri. A scattare la fotografia di questa categoria di medici e' una ricerca condotta su 3mila internisti under 40, presentata al congresso della Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi) a Firenze. Di fronte al crollo di 'vocazioni' di tante aree della medicina, il fascino della medicina interna in Italia e' intatto ed ha sempre piu' suo smalto: dal 1990 a oggi il numero di questi specialisti e' cresciuto del 10%, passando da 10.213 a 11.435 unita'. ''La medicina interna – spiega Carlo Nozzoli, presidente Fadoi – esercita un forte fascino sui giovani perche' incarna l'idea del medico in grado di giungere a una diagnosi grazie a conoscenze che spaziano in quasi tutte le discipline mediche''. Negli anni passati c'e' stato un periodo in cui la medicina interna sembrava essere una specialita' residuale, cui affidare i malati che non rientravano nelle superspecialita'. Ma con l'aumento di pazienti con piu' patologie, spiega Fadoi, c'e' stato di nuovo bisogno di un medico capace di guardare al paziente nella sua totalita'. Cosi' l'internista e' diventato un punto di riferimento per questi pazienti negli ospedali. Il 62% dei giovani internisti, rivela l'indagine, lavora in reparti di medicina interna e il 25% in ambito di emergenza. Alla fine del periodo di formazione il 67% degli intervistati ha trovato lavoro entro sei mesi con un contratto a tempo determinato e attualmente l'81% ha un contratto a tempo indeterminato. Sono professionisti molto aggiornati: la quasi totalita' parla inglese, e' attenta all'aggiornamento scientifico (l'80% partecipa a oltre 2 congressi scientifici l'anno, spesso anche come relatori) e alla ricerca. Il 45% infatti e' impegnato in progetti di ricerca, il 55% ha inviato abstract a congressi internazionali e il 70% ha pubblicazioni scientifiche su riviste importanti. Tuttavia vi sono alcune criticita': il 75% dichiara di svolgere da 10 a 30 ore mensili di straordinario per sopperire alla carenza di organico nella sua struttura, mentre il 62% denuncia la scarsa standardizzazione dell'assistenza nei loro reparti e un'istruzione non adeguata, soprattutto pratica, ricevuta durante la specializzazione. Per svolgere al meglio il loro lavoro e avere un reparto ospedaliero a cinque stelle, hanno stilato un decalogo di regole, le cui parole d'ordine sono: accoglienza, informazione, prima visita entro 3 ore dal ricovero, chiarezza, condivisione, garantire una presenza medica identificata a cui potersi rivolgere sempre, no al dolore, vitto personalizzato, dimissioni sicure, e possibilita' di giudicare il ricovero.

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