Sapete quanti sono gli stagisti nella sola Lombardia? Settantamila. Di cui quasi 22 mila nella area metropolitana di Milano. Gli stagisti sono di più, molti di più di quanti lavorano nella stessa Lombardia in condizioni contrattuali di “apprendistato”. Come mai? Indovina: stage costa all’azienda che si avvale dello stagista…costa niente. Niente. I circa 500 euro mensili allo stagista li mette lo Stato. Lo stagista e gratis, l’apprendista poco ma lo devi pagare. Per l’apprendista c’è il bonus fiscale, per lo stagista c’è di fatto “aliquota zero”. Allora lo stage spesso, molto spesso, troppo spesso lavoro subordinato mascherato da tirocinio pagato 500 euro con fondi pubblici? Esatto. A Milano e non nel depresso culturalmente mercato del lavoro del Sud Italia lo stage è un trucco furbetto dell’imprenditoria.
Inadeguati a milioni
Si calcola che nei prossimi cinque anni saranno disponibili (anzi necessari) circa 5,7 milioni di posti di lavoro, però qualificati. E qualificati non è una nota a margine. Magari aggirabile con un titolo studio-pezzo di carta. O con una infornata di precari della Pubblica Amministrazione. Già oggi, qui e adesso risultano scoperti, cioè senza persone in grado di ricoprirli, circa 1,2 milioni di unità di lavoro. Scoperti perché qualificati. Qualificati i posti, le occasioni di lavoro. Non i richiedenti lavoro. Già nel 2024, l’anno prossimo, solo da competenze necessarie da e per Pnrr servono 300 mila posti di lavoro cui si accede con qualificate competenze. E si teme, già si prevede, che 300 mila qualificate competenze non ci siano. Già non ci sono, anche per questo tutto il Pnrr entro il 2026 l’Italia sembra proprio non ce la fa.
Abbiamo uno su cinque dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavora e neanche studia. Uno su cinque che si consegna all’incompetenza e all’esclusione forse permanente dal lavoro qualificato. Difficile dire quale l’uovo e quale la gallina: un sistema scolastico e della formazione buono e competente solo alle elementari (qui siamo i migliori) ma che poi declina, si perde e si insabbia nelle paludi della pedagogia dell’inclusività senza se e senza ma e nelle mangrovie del lobbismo sindacale. Dalle elementari in poi il sistema della formazione disdegna e disperde il capitale umano. Nella inconsapevolezza complice delle famiglie e nella complicità attiva della politica. D’altra parte per vedere e comprendere l’inadeguatezza del capitale umano che la società italiana sta coltivando occorrerebbe una adeguata competenza culturale che il ceto politico non possiede. Siamo molto, molto vicini al non sanno quel che fanno (anche se per questo non meriterebbero certo il perdono che di fatto è loro garantito).
Partite Iva, da elemosina
Circa 3,7 milioni di partite Iva riconducibili a persone fisiche. Di queste circa 1,7 milioni ha scelto i regime forfettario, cioè paga il 15 per cento di tasse sull’imponibile. Nn pe i primi cinque anni di attività dove l’aliquota è solo del cinque per cento. E quale è l’imponibile medio dei milioni di partite Iva? In cifra dichiarata circa 15.600 euro annui. Quindi in regime forfettario circa 2300 euro l’anno in tasse. Alle partite Iva restano quindi, secondo redditi dichiarati, redditi di scarsa sopravvivenza: circa 13 mila l’anno.
Da decenni si fa finta di crederci. Anzi da qualche mese c’è l’incoraggiamento governativo a far finta di crederci: perfino quei 200 al mese scarsi di media di tasse pagati da professionisti, aziende, commercianti, agricoltori e lavoratori a vario titolo autonomi il governo li ha definiti e battezzati “pizzo di Stato”. Dunque, strage di capitale umano, stage furbizia imprenditoriale di massa, alta e ascoltata lagna fiscale da parte di chi di tasse ne paga poche e patto sociale ormai tenuto in piedi dai bonus. Finché dura.