Cancel culture, una aberrazione americana di oggi. A noi, 50 anni fa, in liceo spiegavano che la donna greca (tranne rarissime eccezioni) viveva segregata in casa, a disposizione del marito e curando i figli.
Da Italia Oggi.
Ci spiegavano l’esistenza della schiavitù e delle lotte tra i gladiatori. E nessuno di noi “classicisti” oggi penserebbe mai di ripristinare la schiavitù o di tenere in casa la moglie.
Un conto è studiare, imparare, apprendere, un conto prendere esempio. Il diritto romano viene insegnato oggi in Cina, perché è ritenuto a ragione il fondamento del diritto moderno.
Sono passati 50 anni dalla mia maturità classica. Nel frattempo è cambiato il Mondo e, in parte, siamo cambiati tutti. Ma fino a pochi anni fa chi aveva studiato latino ne andava moderatamente orgoglioso.
A cosa era servito? Si diceva, ad imparare un ordine mentale. Era una sorta di chiave inglese che ci sarebbe tornata utile per tanto altro. Il latino, e ancora di più il greco, erano ostici, dispettosi, a noi giovani sembravano inutili e il loro studio tempo perso.
Negli ultimi anni di liceo lo studio dei classici, che avevamo imparato a tradurre più o meno da soli, ci aveva ripagato in parte delle fatiche sopportate. “Ma sono lingue morte, prof. ”, dicevamo con rabbia di fronte ai tre e ai quattro dei compiti in classe, ma le nostre rimostranze servivano a ben poco.
In quella torrida tarda primavera della maturità ci avevano costretto a studiare “la peste di Atene” di Tucidide. Ostico il testo, quando lo traducevi in italiano restavi schifato dalla descrizione degli orrendi bubboni e dei morti per strada.
“Ma a cosa serve?” chiedevamo all’insegnante. E lei, paziente, “a paragonarla alla peste manzoniana, che porterete alla maturità”.
Bene, sia allora che nei cinquant’anni successivi, non abbiamo mai ritenuto che le civiltà romana e greca ci sarebbero servite come modello assoluto. I professori ci insegnavano che dovevamo fare tesoro della filosofia, dell’invenzione della democrazia, del metodo di organizzazione dello Stato romano, delle sue istituzioni.
Ci parlavano di Attilio Regolo e dell’importanza di tener fede alla parola data. Ci spiegavano che il mondo romano era discretamente corrotto ma che era comunque meglio delle rissose città stato greche e senz’altro delle tirannidi persiane e assiro – babilonesi.
Perché questa lunga tirata? Perché di recente, in nome della cancel culture, soprattutto nelle università statunitensi (ma qualche eco è già arrivato anche in Europa) bisognerebbe cambiare tutto: “Lo spirito di fondo che anima questo settore di studi sarebbe permeato dal colonialismo di stampo europeo.
Lo studio delle culture greca e romana andrebbe affiancato a quello degli altri popoli a esse coevi, asiatici e africani; l’espressione eredità classica”, che si riferisce al nucleo fondante della civiltà occidentale, deve perciò lasciare spazio alle altre eredità culturali oscurate dal colonialismo; gli studi classici non devono più essere riservati, sia nell’insegnamento che nella componente studentesca, quasi solo ai maschi bianchi occidentali come accade oggi.
Infine, va riscritto completamente il canone degli autori classici, ora legato a categorie come imperialismo, razzismo, sessismo”. (Chi ha paura dei Greci e dei Romani? di Maurizio Bettini – Einaudi, pagine 172, euro 12). Bettini, che è direttore del Centro antropologia e mondo antico dell’Università di Siena, ovviamente contesta in toto queste affermazioni e sostiene che l’errore che compiono questi nuovi pasdaran è di “far passare l’immenso fiume della storia attraverso il colino stretto della moralità” e di non collocare autori e opere nel loro contesto storico.
Nessuno deve essere obbligato a studiare la metrica, per carità: già 50 anni fa solo una netta minoranza studiava latino, greco, filosofia e storia. Chi alle superiori voleva buttarsi sullo studio dei circuiti integrati o della partita doppia aveva tutta la possibilità di farlo.
A noi spiegavano che la donna greca (tranne rarissime eccezioni) viveva segregata in casa, a disposizione del marito e curando i figli. Ci spiegavano l’esistenza della schiavitù e delle lotte tra i gladiatori. E nessuno di noi “classicisti” oggi penserebbe mai di ripristinare la schiavitù o di tenere in casa la moglie. Un conto è studiare, imparare, apprendere, un conto prendere esempio. Il diritto romano viene insegnato oggi in Cina, perché è ritenuto a ragione il fondamento del diritto moderno.
Eliminare lo studio dei classici – se mai dovesse capitare – ci renderà tutti più ignoranti, certamente non più liberi.
Da Italia Oggi