In Europa, nei paesi della Ue la media annua pro capite è di 127 chili di cibo buttato. Buttato perché ritenuto andato a male o perché andato a male davvero. Buttato perché ritenuto non più gustoso o comunque fresco. Buttato perché comprato fin dal principio di troppo rispetto alle reali necessità e anche gusti e voglie alimentari. La Commissione Ue sta provando a consigliare piccole misure ad asciugare l’alluvione di cibo buttato, tipo indicare al consumatore una etichetta con data che non suoni come sollecitazione a buttare. “Scadenza il…” è una cosa, “da consumarsi preferibilmente non oltre…” è tutt’altra cosa. Però solo uno su tre dei consumatori europei distingue la differenza. Gliela spieghiamo con un “spesso buono oltre…”? Come che vada, il punto non è questo.
Cibo buttato e il nostro vivere ricco
Il punto è la sovrabbondanza di cibo di cui disponiamo. Tutt’altro che da sempre. Meno di un secolo fa vaste zone d’Europa e molti milioni di europei conoscevano e tenevano faticosamente a bada la fame. La fame, la penuria alimentare che noi dalla seconda metà del secolo scorso in questo spicchio di mondo nemmeno riusciamo a concepire. Ma per secoli e fino agli anni Cinquanta del secolo scorso (appena 70 anni fa!) da mangiare ce n’era poco in molti luoghi, pochissimo in zone d’Europa e il cibarsi costava, in proporzione al reddito, incomparabilmente di più di quanto non costi oggi. Ce lo siamo per fortuna dimenticato, era realtà ma ci appare come racconto inattendibilmente gonfiato, sceneggiatura da B movie horror fantasy. Per fortuna, fortuna di essere nati qui e in questo tempo del mondo, abbiamo cibo quanto ne vogliamo letteralmente di tutto e di più. Una delle forme del viver ricco, il nostro viver ricco. Di cui siamo inconsapevoli e amiamo, molto amiamo, essere inconsapevoli.
In queste ore i francesi fieramente si oppongono all’andare in pensione a 64 anni, difendono i 62 anni come età pensionabile. Difficile, impossibile immaginare e collocare lo stare in pensione venti e passa anni di vita se non all’interno di un collettivo viver ricco (in Italia si fa finta l’età pensionabile sia 67 anni, le eccezioni alla regola generale sono tante che l’età medi effettiva di pensionamento è di 62,5 anni). Sanità, scuola, previdenza, quantità e qualità dei consumi, immediata e illimitata disponibilità delle merci caratterizzano il nostro collettivo viver ricco, Che non è colpa da espiare o vizio da contenere o peccato di cui battersi il petto o vergogna da provare. Ma…almeno saperlo, vederlo, saperlo vedere questo ci toccherebbe. Ed evitare la lagna costante e urticante sul nostro viver povero, questo sarebbe un dovere di ragionevole decenza.