Prima che la crisi a Urumqi degeneri in un sanguinoso scontro etnico tra la minoranza musulmana uigura e i cinesi han, l’esercito ha schierato migliaia di soldati in assetto da guerra. Per le strade del capoluogo dello Xinjiang regna una calma apparente dopo il massacro di domenica scorsa nel quale 156 persone hanno perso la vita e 1.080 sono rimaste ferite secondo le cifre ufficiali fornite dal governo, anche se l’opposizione uigura parla di oltre 800 morti. Elicotteri armati sorvolano a bassa quota i tetti della citta’. Le truppe e la polizia in assetto antisommossa dividono uguri e han che minacciano di vendicarsi.
I primi negozi hanno riaperto e per la prima volta da quattro giorni Urumqi ha riassunto un aspetto quasi normale. L’obiettivo delle forze armate è quello di reimporre con un controllo di ferro la normalita’ tra le due comunita’ di Urumqi, unica citta’ dello Xinjiang dove gli uiguri sono minoranza rispetto agli han.
Ieri il capo del Partito comunista locale, Li Zhi, ha minacciato la pena di morte contro coloro che si sono macchiati in questi giorni di “gravi crimini”. La polizia ha arrestato 1.080 persone, tutte di etnia uighura.
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