CRISI: LA CINA, IL REGNO DI MEZZO

Il Corriere della Sera pubblica uncommento di Fabio Cavalera sul ruolo della Cina nella crisi finanziaria in atto intitolato ”La Cina si salva e ci salva”. Lo riportiamo di seguito:

”La crisi finanziaria investe l’economia globale? La risposta viene da Olivier Blanchard, capo degli economisti del Fondo Monetario, il quale  intervistato da Federico Fubini sul Corriere della Sera risponde testuale: "I Paesi emergenti cresceranno del 6 per cento l’anno prossimo e ciò avrà implicazioni politiche. Il 100 per cento della crescita nel 2009 viene da loro. Ci sarà uno spostamento nel potere, la Cina emergerà da questi eventi in una posizione più forte". Dichiarazione molto interessante: il terremoto in atto investe gli Stati Uniti e l’Europa, tocca il Giappone ma la Cina? Qual è e quale sarà il ruolo di Pechino? Reggerà il sistema? Qual è lo stato di salute dell’economia cinese?

Vediamo alcuni dati di fatto. Nei primi sei mesi dell’anno, come ha scritto nell’ultimo numero l’Economist, a fronte della catastrofe dei mercati occidentali, un terzo del pil mondiale è stato prodotto dalla Cina. Poi, a partire da luglio, l’onda lunga del meltdown è arrivata e si è manifestata con un rallentamento piuttosto vistoso delle esportazioni oltre che con una veloce contrazione delle quotazioni sul mercato immobiliare. A prima vista segnali di burrasca. In verità, pare che le prospettive non siano tali.

La Cina – pur costretta a rivedere il suo modello di sviluppo ma per motivi molto diversi da quelli che suggeriscono ai sette Grandi a ipotizzare una riforma della finanza internazionale – sta percorrendo una strada opposta. Ovvero sta gestendo consapevolmente un rallentamento del suo pil per stabilizzarne la crescita, nell’anno che sarà, in un segno positivo fra l’8 e il 9 per cento, quanto necessario per garantire l’occupazione e per dare fiato alla domanda interna. Questa è la scommessa di Pechino: una virata sostanziale. Se si contrae il surplus dell’import-export il potenziale offerto dal mercato interno è tale da garantire, almeno sulla carta, un immediato futuro abbastanza tranquillo. L’Occidente è alla prese con la recessione. All’opposto, la Cina con un riaggiustamento del suo trend positivo.

Per proseguire lungo questo tracciato – una volta messa sotto controllo l’inflazione che è scesa dall’8,7 di febbraio al 4,9 di agosto – la Cina ha bisogno di rafforzare il suo welfare (oggi inesistente o quasi), scongelare di conseguenza una quota dei risparmi bancari (le famiglie non spendono perchè preferiscono mettere in banca in soldi necessari alla pensione, alla istruzione e alla salute), infine distribuire incentivi fiscali sia per sostenera la produzione sia per stimolare i consumi. Naturalmente perchè un piano ambizioso di crescita ulteriore possa avere successo occorre che le fondamenta bancarie non risultino traballanti come in Europa e negli Stati Uniti.

La Cina ha rimodellato il suo sistema del credito alla fine degli anni Novanta. Oggi i colossi sembrano soffrire molto meno dei loro dirimpettai americani ed europei, la crisi dei mutui è lontana: a differenza che negli Stati Uniti dove gli acquirenti di case venivano finanziati fino al 100 per cento e magari senza garanzie, in Cina le banche arrivano a concedere capitali solo in presenza di un deposito del richiedente pari almeno al 20/30 per cento della somma totale, addirittura del 40 per cento se si tratta di seconda casa. In linea generale (dati dell’Economist) solo il 7 per cento dei prestiti bancari è destinato al settore immobiliare, i prestiti complessivi della  banche ai clienti non superano il 65 per cento della raccolta e l’esposizione delle famiglie cinesi ammonta al 13 per cento del pil contro il 100 per cento delle famiglie americane.

Dati sistemici che non prefigurano una situazione di stallo. Anzi.

Da più parti si sono levate voci per chiedere alla Cina di soccorrere il malato. Dimostrazione che Pechino è, in questo frangente, la vera locomotiva dell’economia globale. Alcuni governi (Usa in testa) hanno sollecitato un intervento diretto con l’immissione di liquidità sui mercati internazionali. Wen Jiabao, il premier. ha risposto spiegando che il "contributo migliore" alla cura da parte cinese  è garantire "una crescita stabile e sostenuta". Come dargli torto? In fin dei conti, se – come ha spiegato il capo degli economisti del Fondo Monetario – l’ossigeno del 6 per cento di crescita annuale da parte dei paesi emergenti è una garanzia. A maggior ragione lo è l’8 o il 9 della Cina. Certo gli equilibri si sposteranno. E la Cina, con tutte le sue contraddizioni, sarà, nel 2009, davvero il Regno di Mezzo. Un bene o un male? Comunque è la realtà”.

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