Ddl intercettazioni, il Governo pone la fiducia alla Camera. La quindicesima dall’inizio della legislatura. Protesta l’opposizione

Voto di fiducia, mercoledì 10 giugno alla Camera, sul ddl intercettazioni. Ad annunciare in aula la richiesta del Governo è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito.

È la quindicesima fiducia chiesta dall’esecutivo alla Camera, la diciannovesima nei due rami del parlamento dall’inizio della legislatura. Il voto, previsto per le 17,10, sarà su un maxiemendamento di undici pagine, che coincide sostanzialmente con il provvedimento licenziato dalla commissione Giustizia della Camera integrato dagli emendamenti del relatore Giulia Bongiorno e dal sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo.

Nel testo è stata esplicitata la possibilità per il pubblico ministero di chiedere anche i tabulati telefonici, quando vi siano casi d’urgenza. Quando, cioè, vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini.

Lo potrà fare per tutti i reati previsti dall’articolo 266 del codice di procedura penale – così come indicati nel testo del governo – con un decreto motivato e non successivamente modificabile, da comunicare al tribunale entro ventiquattro ore.

Il tribunale dovrà, a sua volta, decidere entro 48 ore dal provvedimento se convalidare o meno la richiesta. In caso di mancata convalida, l’acquisizione dei dati non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati. Durissime le reazioni dell’opposizione alla decisione dell’esecutivo.

Per Lanfranco Tenaglia, responsabile giustizia del Partito democratico, l’intenzione di porre la fiducia sul decreto sulle intercettazioni «è un pessimo segnale ed è inaccettabile, in quanto il Parlamento viene espropriato completamente di ogni sua prerogativa».

Per Felice Casson, capogruppo del Pd in commissione Giustizia, si chiude in questo modo «quel mercato dei voti di fiducia in Parlamento i cui capitoli precedenti hanno riguardato prima delle elezioni le tre votazioni sulla sicurezza, così come aveva richiesto la Lega per evitare crisi della maggioranza».

«Colpo mortale alla libertà di stampa», tuona Antonio Di Pietro e il vicecapogruppo dell’Italia dei valori alla Camera, Antonio Borghesi, definisce la decisione di porre la fiducia al ddl intercettazioni «un pugno in faccia agli italiani».

«A soli tre giorni da quando il popolo italiano ha espresso la sua mancanza di fiducia nei confronti del presidente del Consiglio – aggiunge Borghesi – egli la chiede con la solita mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento. Questo è inaccettabile».

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