Donne d’Impresa: Daniela Pendin alla guida di Euronewpack: er una sicurezza garantita dell’imballaggio.

Donne d’Impresa: Daniela Pendin alla guida di Euronewpack. Per una sicurezza garantita dell’imballaggio.

Una “sessantottina di nascita” e con tutte le carte in regola di imprenditrice doc nel Veneto. Presidente e CEO di Euronewpack srl è anche molto attiva in Confindustria Vicenza, nominata consigliere del raggruppamento Alto Vicentino. Daniela Pendin, da sempre instancabile e “on fire”, non si è mai fatta mancare niente nel suo percorso verso l’imprenditoria “che conta”. Brava nella gestione d’impresa, dotata anche di straordinaria capacità di coordinamento, si districa con abilità fra uffici operativi e gestionali.  Ma – cosa non ultima e non “da tutti” – sa anche formulare un piano industriale a medio -lungo termine. E, naturalmente, cura con grande professionalità anche i rapporti, sempre delicati e particolarmente importanti con Istituti di Credito, buyer e approvvigionamenti vari. Inoltre – ancora e sempre – Daniela crede nella Formazione, quella vera, e con la maiuscola.  È lei per prima, infatti, ad aver frequentato vari master e corsi di formazione presso il CUOA di Altavilla Vicentina. Nella sua carriera professionale, quindi, molti sono stati gli incarichi da lei egregiamente ricoperti, grazie alle competenze acquisite in diversi settori. Dall’organizzazione di budget previsionali, alla realizzazione di piani industriali o business plan aziendali, Daniela è, naturalmente, un’imprenditrice “a tutto tondo”. Nel 2019 è stata nominata consigliera di una municipalizzata AVA che si occupa di ambiente (termovalorizzatore) e poi nel 2020 ne è divenuta Presidente.  Questo nonostante sia anche madre di tre figli, oltre che una moglie, che ha saputo organizzare il suo tempo senza escludere alcun interesse, come, ad esempio, quello fattivo e costante nel campo del sociale, dove è spesso presente con iniziative importanti. Da anni consulente per la Fondazione “”Famiglia Filippi” IPAB di Villaverla, Daniela fa anche parte di un gruppo  che si occupa della promozione di progetti di “educazione alla vita familiare” di Villa San Carlo di Costabissara. É proprio lei che dal 2009 ha elaborato e si è occupata di un particolare progetto di micro-credito per i propri dipendente ed aziende terze. Tanti anche gli altri progetti a cui lei ha partecipato insieme alla Caritas di Vicenza e  in particolare alcuni rivolti alla promozione sociale di persone disagiate ed al loro inserimento nel mondo del lavoro. Così Daniela ha sempre sostenuto il ruolo della donna/mamma lavoratrice, cercando di trovare soluzioni idonee, all’interno della propria azienda, per la continuità lavorativa di mamme in difficoltà. Una imprenditrice con una straordinaria esperienza di vita e di lavoro, a cui abbiamo chiesto: 

Classe 1968, ma lei si è mai confrontata con le “sessantottine” di una volta? Qualcuno dice che lei pur non facendo politica ha raccolto il testimone di donna emancipata e pronta a combattere per le giuste cause a favore delle donne. È vero?  

Diciamo che credo molto nel ruolo della donna su tutti i fronti: lavorativo soprattutto a livello manageriale, in politica e nel sociale. La visione della donna è molto trasversale e spesso trova soluzioni immediate ed innovative, lavora con il cuore mettendosi al posto di chi viene dopo, cercando di gestire al meglio le problematiche e le relazioni fra le persone. Non sono una femminista nel senso politico del termine, agisco sostanzialmente come un essere umano, a prescindere dal genere.

Madre di tre figli, moglie e a capo di Euronewpack, come Ceo e Presidente. Dal 2018 la sua azienda  opera anche in Croazia, con un nuovo stabilimento e dal 2020 a Codevigo con una nuova realtà produttiva. Cosa può raccontarci della sua esperienza imprenditoriale nei Paesi dell’Est?

Nonostante la Croazia sia un paese vicino al nostro, ma soprattutto l’Istria dove noi operiamo, sia stata nella storia un paese veneto e italiano; devo ammettere che gli anni governati da Tito, hanno cambiato molto la capacità imprenditoriale delle persone e la modalità di approccio al mondo del lavoro. Questo è stato un particolare sottovalutato nel nostro  piano industriale, che ha rallentato il progetto per almeno 1 anno. Anche le donne hanno una dimensione poco attiva e con poca autonomia ed intraprendenza nella realtà lavorativa. E’ una questione culturale: quando ci si approccia a livello internazionale, abbiamo imparato che il primo passo da fare è trovare la chiave di lettura culturale delle persone con cui si ha a che fare, piuttosto che imporre la propria visione. Questo dovrebbe essere un “modus operandi” normale in tutte le relazioni.

La sua vita sembra essere solo pane, ufficio e impegno sociale. C’è tempo per qualche hobby?

Posso dire che ho rinunciato agli Hobby, per concentrarmi più sulla famiglia e sui miei figli, per non trascurarli, per poter essere a fianco a loro nei momenti più importanti della loro vita. Questo è sicuramente più appagante che coltivare un Hobby. IN realtà, poi riesco a trovare sempre un po’ di spazio anche  per me stessa.

Dal 1995 la sua azienda ha subito grandi trasformazioni: non più solo uno scatolificio si è anche specializzata nella protezione e produzione di imballaggi specifici e servizi innovativi. Tutto questo per una strategia “green” e di sostenibilità anche quando questi temi non erano di moda? 

Occupandoci di imballaggio, abbiamo sempre avuto la consapevolezza che il nostro prodotto fosse un “rifiuto”, necessario ma pur sempre un “rifiuto”. Proprio per questo, in un’ottica di sostenibilità, ci siamo sempre considerati come i “professionisti della progettazione” contro lo spreco, progettando, quindi, un imballo che soddisfi le esigenze di protezione e trasportabilità del prodotto del cliente, ma allo stesso tempo rispetti l’impiego di materiale green o eco-compatibile, ottimizzando al massimo l’impegno della materia prima e l’impegno della manodopera nel suo uso. 

Si  è occupata con impegno e generosità anche di giovani con disagio psicologico e di ragazze provenienti da case protette, salvate dal racket della prostituzione e dalla tratta di esseri umani. Cosa può raccontarci  di questa sua esperienza umana e sociale? 

E’ un’esperienza che tutt’ora vivo e di cui sono molto molto fiera. I giovani sono i “nostri figli” e se hanno delle difficoltà, NOI dobbiamo intervenire in prima persona per essere di aiuto e supporto. Non possiamo delegare l’impegno alle Istituzioni, alla società, alla scuola, ma ogniuno di noi in prima persona deve sostenerli, supportarli, aiutarli perché loro sono il nostro futuro. Questo impegno lo sento forte nel cuore, lo insegno ai miei figli e alle mie coetanee, amiche e colleghe. La donna, in questo ruolo, è sicuramente molto più portata nel comprenderne l’importanza e l’impegno. Ognuno ha sempre bisogno di una seconda possibilità e chi può deve fare in modo di valorizzarla.

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Orietta Malvisi Moretti