Dress code, cravatta sì, sneakers no, dibattito surreale alla Camera, aula spaccata ma la sciatteria non ha mai pagato: da Ciccolina a Soumahoro.
Cravatta sì, sneakers no. Prima della pausa estiva la Camera ha dato il via libera al cosiddetto “dress code”, stucchevole inglesismo per dire il più ruspante “codice di abbigliamento”. In Aula, primi di agosto, è passato un ordine del giorno (181 favorevoli, Apperò 100 contrari) che impegna lorsignori, e frequentatori vari, a presentarsi con un abbigliamento “consono alle esigenze di rispetto della dignità e del decoro della istituzione”.
Tocca poi all’Ufficio di presidenza e al Collegio dei questori – addirittura due team – “valutare l’opportunità di introdurre specifiche disposizioni”.
REAZIONI ACCESE E SCOMPOSTE AL DRESSS CODE
Dibattito surreale. Momenti di lirismo assoluto. In Aula si è visto e sentito di tutto. Deputati infiammati, toni vibranti, corde vocali scomodate in tandem dalla laringe, urla belluine. Manco sul salario minimo c’è stato tanto fracasso.
Il che è pure comprensibile: il salario minimo non interessa nessuno di loro, salvo forse Fassino; viceversa la cravatta, le sneakers o le infradito, interessano tutti loro,nessuno escluso. Morale: Aula spaccata. Il trio contrari – Pd, M5S, Avs – finito all’angolo, emiciclo al buio. Un’altra bella pagina democratica è finita in cavalleria. Apperò.
DRESS CODE OVVERO DOVE È FINITO L’ONOREVOLE CONTEGNO?
La Politica ha un suo codice etico ma anche uno estetico. Domanda: perché gli obblighi (giacca) e i divieti (sneakers) si riferiscono solo agli uomini mentre le donne possono passeggiare in Transatlantico in ciabatte caraibiche ? Serve chiarezza.
Provvederanno i censori romani dopo le vacanze? Il dubbio tormenta i nesci ed il loro guardaroba. E’ però il caso di ricordare che l’ordine votato non aveva nulla di limitativo della libertà di espressione ne’ impositivo. Deciderà l’Ufficio di Presidenza dove peraltro tutti sono rappresentati. Insomma, tanto rumore per nulla.
LA SCIATTERIA NON PAGA
Gli esempi non mancano, almeno da Cicciolina in poi, decima legislatura. La pornostar ungherese, portata in Parlamento dai radicali a miracol mostrare, è stata la prima a vestire sui generis.
Poi si è visto di cosa sono capaci gli onorevoli. Ne ricordiamo tre: i cravattini texani di Francesco Speroni (Lega), i colori vivaci di Teresa Bellanova (oggi Italia Viva), gli stivali di Soumahoro.
Volendo ci stanno pure i mocassini senza calze di Danilo Toninelli o il look” total black” di Niki Vendola anche in piena estate. Per non parlare dei Jeans sdruciti di Roberto Fico. In ogni caso il look stravagante non ha loro portato fortuna.
Una volta c’era persino l’account twitter “ IldiavolovesteCamera”. Oggi anche lui è sparito.