Considerando elezioni nazionali, comunitarie e locali le urne saranno aperte in 76 Paesi, pari al 51% della popolazione mondiale.
Nella metà di questi Stati probabilmente non ci saranno cambiamenti significativi perché le consultazioni non saranno libere o veramente democratiche. In molti regimi ci sono leggi contro la libertà di parola o di associazione.
Il presidente egiziano guida il Paese dal 2014. È il sesto presidente della repubblica egiziana, ex militare e politico.
Il generale, musulmano, è inviso ad Amnesty International e al Parlamento Europeo in quanto la sua presidenza è fondata sull’autoritaritsmo e avrebbe segnato un profondo deterioramento della situazione dei diritti umani.
Non la pensano così i vescovi copti che, viceversa, lo considerano un argine al terrorismo.
Da ricordare che prima di lui erano andati al potere i Fratelli Musulmani, nemici giurati dell’occidente cristiano, frutto della incapacità del duo Obama-Clinton.
Facile che il feldmaresciallo venga rieletto per la terza volta consecutiva.
Di poco peso gli altri candidati. I risultati questa tornata elettorale dovrebbero arrivare entro il 23 dicembre. In caso di ballottaggio, che molti comunque escludono, si andrà a votare di nuovo entro entro il 16 gennaio.
Ma Al-Sisi è in una botte di ferro. È ancora influente in apparati che contano come la polizia, le forze armate e i servizi segreti. Gli altri candidati sono pressoché ignoti al grande pubblico.
Le elezioni in Egitto andranno avanti fino al 12 dicembre. L’andamento richiama la situazione che si sta verificando in Russia e Turchia: a Mosca Putin correrà per il suo quinto mandato ( terzo consecutivo).
URNE APERTE IN MEZZO MONDO
Andranno al voto oltre 4 miliardi di persone. Tra questi gli abitanti degli otto Paesi più popolosi del Mondo: India, Stati Uniti, Indonesia, Pakistan, Brasile, Bangladesh, Messico, Russia.