ROMA – Domenica 23 novembre 2014 si voterà per rinnovare le assemblee regionali di Calabria ed Emilia Romagna: è un test scomodo per tutti. Infatti se ne parla poco, ma può dare sorprese.
Reggerà Matteo Renzi? Matteo Salvini supererà Berlusconi? Il Cinque stelle scenderà così in basso come temono molti adepti? Coma andrà il primo test di Sel che avviene proprio a cavallo della battaglia parlamentare sul job’s act? Che faranno gli azzurri dopo nove mesi di opposizione embedded nelle file del Pd? Si fa presto a dire elezioni regionali. In due sole regioni, poi, che sarà mai. Minimizzare è la tentazione di molti. Eccezion fatta, forse, per la Lega di Salvini.
La verità è che domenica in Calabria ed Emilia Romagna, in palio ci sono molte questioni. E non solo funzionali alla premiership di Matteo Renzi.
Innanzitutto la tipologia del voto: è il primo test veramente politico da quando il segretario è diventato premier. Il voto per le Europee è da sempre un’altra cosa. E anche il 40,6 per cento conquistato, come sa benissimo Renzi, nasce da decisioni destinate a diversificarsi quando poi i cittadini si devono concentrare sul governo di casa propria che, per dirne una, già minaccia di fare altri tagli alla spesa pubblica.
Trattandosi di Regionali, le urne sapranno dire molto sull’affezionamento dei cittadini alla politica e su quanto i cittadini ancora si aspettano dai governi locali che, tra una spesa folle e una sprecopoli, hanno dilapidato negli ultimi vent’anni milioni di denaro pubblico.
Ma è il test sui partiti e sulle alleanze quello che conta. Anche perché Emilia-Romagna e Calabria hanno storie e tradizioni politiche opposte: roccaforte della sinistra la prima; della destra la seconda. Ma una destra e una sinistra che hanno totalmente cambiato pelle e anima dal febbraio 2013, le ultime vere elezioni. Il Pd dell’era renziana è dato in vantaggio in entrambe le regioni. Senza difficoltà. E senza neppure tanto pathos. Il punto è vedere come quanto e perché.
Partiamo dalla Calabria. Il candidato del Pd è certamente in vantaggio. I sondaggi danno Mario Oliviero al 47 per cento. Staccata di oltre venti lunghezze la candidata di Forza Italia, l’ex An e presidente della provincia di Cosenza Wanda Ferro (25,8%).
Ma non è tutto così semplice. Oliviero, infatti, è uomo legato a Cuperlo e al “vecchio” Pd e ha avuto il merito di surclassare alle primarie il giovane Callipo che era il preferito da Renzi. Il segretario ha fatto buon viso e venerdì sarà a Reggio per il comizio finale. Ma se Oliviero stravince possiamo dire che “la corrente” dei dalemiani-cuperliani-bersaniani avrà rialzato la testa e conquistato la sua roccaforte sul territorio.
Un governatore scomodo. Anche perché ripropone una “vecchia” coalizione di centrosinistra, quanto di più lontano dal partito della nazione renziano, essendo appoggiata da una serie di liste che fanno capo a Sel (al sindaco di Lamezia Gianni Speranza), a Pdci, Idv e Psi.
Al netto del fatto che la Lega di Salvini non è competitiva nel profondo sud, in Calabria il test di domenica può essere decisivo per il centrodestra per anni padrona di queste terre. Forza Italia marcia da sola (ma con Fratelli d’Italia viste le origini della candidata Ferro) rispetto a Ncd-Udc che, rifiutati da Oliverio, mettono in campo l’avvocato Nino D’Ascola. I sondaggi lo danno all’8 per cento. Se dovesse confermarli, e quindi superare lo sbarramento (8% per le coalizioni; 4% per le liste singole), Angelino Alfano potrebbe tirare un sospiro di sollievo, fare un monumento al senatore Gentile, signore dei voti, e dire addio per sempre a Scopelliti se appoggerà Forza Italia.
In caso contrario, sarebbe obbligatoria da parte di Alfano una riflessione su cosa fare da grandi.
Il Movimento Cinque stelle sembra destinato a svolgere un ruolo residuale. Il candidato Nuccio Cantelmi si aggira tra il 3-4 per cento, a rischio persino di promozione. Grillo non ha pianificato neppure un comizio. E non è casuale.
Lo scenario non cambia in Emilia Romagna. Ma è diverso. Qui il candidato favorito è Stefano Bonaccini, renziano convinto ma della seconda ora. Non avrà problemi di vittoria. Il punto è quanto prenderà in una regione travolta dallo scandalo della rimborsopoli, dove i Cinque stelle hanno già una loro storia e la Lega di Salvini sta scalando i consensi con le sue campagne anti-rom, anti-immigrati e anti-euro.
In Emilia Romagna il test è interessante quattro volte: per misurare il pd renziano; il primo test per una coalizione di centro destra guidata dal candidato della Lega Ivan Fabbri a cui hanno abdicato Forza Italia e Fratelli d’Italia; per valutare la forza dei Cinque stelle (candidata Giulia Gibertoni) contro la prima lista di epurati dal movimento (Favia e Salsi), i Liberi cittadini guidati da Maurizio Mazzanti. Ncd e Udc vanno da soli (Alessandro Rondoni) visto che sono stati rifiutati sia dai compagni di centro destra che dal Pd. E rischiano grosso.
Un test complesso. Di cui si parla poco, ora, perché scomodo. Ma necessario a fare un po’ di chiarezza. Peserà molto, dopo, nella vita del Pd. E, più di tutti, in quella di un devastato centro-destra.
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