A Genova e in Liguria la destra sembra perdere i pezzi, quasi spappolarsi, come le gallerie delle sue autostrade.
Non c’è scenario migliore di quello genovese e ligure per misurare lo sconquasso nella destra che segue la disfatta delle elezioni amministrative di ottobre.
Dopo sette anni di successi elettorali a catena anche lungo l’arcobaleno di Genova e Liguria il trend si è interrotto per il centro destra.
Che in sequenza aveva conquistato la Regione Liguria, Savona, La Spezia, Genova, Sarzana, senza contare Imperia che è il feudo di Claudio Scajola, non certo assegnabile al centro sinistra.
È caduta Savona, conquistata con il 61 per cento dei voti da Marco Russo, un aiglon, erede di una nobile famiglia politica.
Famiglia che ha avuto insigni rappresentanti come Nanni Russo, senatore dell’Ulivo per due legislature. E soprattutto Carlo Russo, per anni ministro della Prima Repubblica. Alter ego democristiano di Paolo Emilio Taviani e Roberto Lucifredi. I bigs più importanti della famosa Balena Bianca in Liguria e non solo.n un fervido dopo guerra fino almeno all’inizio degli anni Novanta.
Schierando il Russo di seconda generazione contro il centro destra finalmente dopo questi anni di digiuno la sinistra-centro si è rianimata, strappando la Torretta savonese e non solo. Qualche altro comune significativo è caduto dal potere universale di Toti.
La destra ha perso anche nel paese di Toti
Per esempio quello natale del potente presidente regionale. Ameglia, estremo lembo ligure verso la Toscana, dove Toti è nato, dove vota e dove spadroneggia anche un po’.
Schiaffo a Savona, schiaffo nel paese di casa. E come conseguenza le scosse di terremoto stanno scuotendo tutto l’arco ligure. E mettono perfino in discussione ciò di cui si aveva la massima certezza. La riconferma di Marco Bucci come sindaco di Genova nelle prossime elezioni comunali di fine primavera-inizio estate.
Piccati dalla sconfitta i leghisti, che dominavano a Savona, ma anche Fratelli d’Italia, hanno attaccato subito il presidente Toti. Accusandolo di un protagonismo personale politico oramai in incontrollabile espansione. Manifestato non solo nel lancio del suo partito “Coraggio Italia”, formato insieme al sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro.
E tradotto nella lista “Cambiamo”, che mira a giocare le partite genovesi e liguri autonomamente rispetto alla coalizione di centro destra.
Polemica in Liguria e a Genova fra Toti e gli alleati
Toti ha risposto quasi inviperito che non accettava critiche da partiti che avevano dimezzato i propri voti, mentre la sua lista personale a Savona aveva stravinto sugli alleati.
Non era il primo scambio di pugni uppercut tra il trasbordante leader regionale ligure e i partiti alleati. Da tempo sono praticamente inesistenti i rapporti tra lui e Edoardo Rixi. Rixi, ex viceministro della Lega, è il leader che gli aveva ceduto generosamente il passo nella candidatura grazie alla quale Toti è diventato Toti. Vincendo le elezioni in Liguria sei anni e mezzo fa.
Si salutano e non si parlano più. Non è più il tempo in cui Matteo Salvini piombava in Liguria a mangiare le troffie al pesto a Recco insieme col presidente ligure, brindando a successi e sintonie.
Toti ha sterzato al centro, verso i moderati, insegue una autonomia dalle ali estreme della destra. Tesse una tela sperando di farlo insieme con Renzi e Calenda. E si riavvicina al suo “creatore”, il cavaliere Berlusconi, che lo aveva scoperto, lanciato come giornalista e portavoce. E che perfino lo obbligava anche alle diete dimagranti per migliorarne l’aspetto.
Dopo le freddezze degli ultimi anni e le adunate romane al teatro Brancaccio. E, quindi, lo strappo da Forza Italia. Sembra che Toti sia tornato a occhieggiare il Cavaliere, redivivo dopo il long covid, qualche assoluzione giudiziaria e in corsa per il Quirinale.
Salvini e Meloni tagliati fuori da Genova
Il feeling ritrovato scorre, però, tutto nella direzione centrale dello schieramento. Quello dal quale Salvini e la Meloni sono un po’ tagliati fuori. Malgrado le scampagnate sull’Appia Antica. Che, tra l’altro all’inesorabile Toti, non sono affatto piaciute. “Fate delle assemblee non dei vertici a tre!”, ha ammonito tra una intervista e l’altra, tra un talk show e l’altro.
Ma anche i rapporti tra il trainante sindaco Marco Bucci e il suo presidente regionale non sono certo in una fase esaltante. Bucci ha accentuato in questi anni la sua autonomia. Vuole correre la prossima campagna elettorale da indipendente, anche se nel solco del centro destra.
Non vuole targhe di altro tipo e quindi strappa un po’. Sia da Toti, che non perde un colpo nello stargli alle calcagna in ogni mossa sulla città per ricavarne il suo tornaconto di immagine.
Sia dalla Lega, che rivendica sommessamente, ma non troppo, di averlo “scoperto” cinque anni fa, estraendolo dall’urna quando era un semplice manager di “Liguria digitale”. Reduce da un lungo soggiorno americano e di averlo trasformato nel sindaco tra i più popolari d’Italia.
A Genova e in Liguria la destra perde i pezzi
E così in Liguria il centro destra che sembrava un moloch indistruttibile non solo perde i pezzi delle città. Ma vede incrinarsi una sintonia politica-istituzionale e umana che schierava i tre, Toti, Bucci, Rixi come un sol uomo. Soprattutto davanti alle disgrazie a catena che si sono abbattute su Genova e sulla Liguria.
Dalle alluvioni, alle mareggiate devastanti, fino all’epopea del Morandi crollato.E poi la lunga pandemia, nella quale soprattutto il presidente della Regione e il sindaco apparivano ogni giorno appaiati nei quotidiani appuntamenti. Per rassicurare, fornire informazioni, tenere la barra dritta.
Giovanni Toti persegue un obiettivo chiaramente nazionale, quello di trovarsi un ruolo magari anche di ministro nel futuro più o meno prossimo. Quando avrà terminato il suo incarico regionale, nel 2025.
Ma c’è chi dice anche prima, magari addirittura nel 2023, alla scadenza delle legislatura. Abbandonando così la Liguria, della quale può anche essere stanco e stretto, dopo sei anni roboanti in anticipo e aprendo una fase indecifrabile.
Il quadro politico, apparentemente in attesa di quel 2023, appare il terreno ideale per questo ex giornalista di Mediaset e ex delfino del Berlusca. Il destino lo ha trasformato in un leader politico, capace di utilizzare il ruolo di presidente della Regione Liguria come un trampolino di lancio. Cavalcando prima l’onda leghista, poi surfando su quella più moderata e centrista.
Dove spiaggerà Toti?
Ma dove spiaggerà il grande comunicatore Toti, recordman di comparsate Tv e di interviste sui grandi giornali?
La battaglia di Genova sarà sicuramente un passaggio chiave per la definizione del suo ruolo, a meno che gli avvenimenti non precipitino prima.
Anche Marco Bucci va incontro a qualche incertezza, malgrado la sua conclamata intenzione di bissare il ruolo di sindaco fino al 2027. Sfruttando la spinta del primo mandato, la popolarità di cui gode, il successo per la ricostruzione del ponte.
Non c’è solo quella delicata questione della incompatibilità tra il ruolo di sindaco e l’altro di supercommissario per le grandi opere infrastrutturali, del quale il governo lo ha investito. Chiedendogli di coordinare le infrastrutture chiave del futuro genovese. Dalla nuova diga portuale ai ribaltamenti a mare per allargare Fincantieri che sforna le supernavi-crociera, alle altre opere del Pnrr….
Lega e FdI non vogliono la lista Bucci
Ci sono i malumori serpeggianti un po’ ovunque, le discussioni con Fratelli d’Italia e della Lega, non esaltati all’ipotesi di una lista Bucci, che prosciugherebbe i voti ai loro partiti. Mentre l’obiettivo è di incamerare direttamente, per ripetere il boom di cinque anni prima.
“Uniti si vince, separati si rischia di mettere in discussione la intera coesione del centro destra “, ammonisce Matteo Rosso il leader meloniano sotto la Lanterna.
E poi, finalmente, c’è l’opposizione di centro sinistra che, ringalluzzita dal successo di Savona, incomincia a affilare le armi. Per quanto in ritardo nella scelta del candidato sindaco da proporre come anti-Bucci. E per quanto vaga nei suoi programmi, nella visione di una città che il sindaco in carica terremota quotidianamente.
L’ultimo colpo è stato quello di abbattere con le ruspe il quartiere-simbolo della Genova roccaforte rossa, Begato. Qui nel 1975 era stata costruita la Diga, una immensa costruzione di edilizia popolare. Che da quell’epoca ospitava 700 inquilini e che è stata bollata come il modello di una edilizia periferica devastante e abbandonata.
L’idea di periferia di Piano contrasta con quella che fu a sinistra
Tutto il contrario dell’idea di periferia, recuperata da Renzo Piano, il “vate” genovese, grande “ricamatore” dei sobborghi da recuperare. Periferia è un termine da far scomparire e Bucci a Genova lo ha fatto con le ruspe, mica con i convegni-dibattito.
Dopo cinque anni nei quali da questa opposizione sono arrivate anche aperture al nuovo corso efficientista e manageriale, per la verità solo grazie a Italia Viva di Renzi, la bagarre è ricominciata.
Al centro anche il miliardo e mezzo che arriverà a Genova come compensazione per i danni provocati dal crollo del ponte Morandi. Bucci ha stabilito che con quei soldi costruirà un tunnel subportuale a quattro corsie. E abbatterà la Sopraelevata, strada a scorrimento veloce costruita nell’inizio anni Sessanta in 18 mesi e che ha salvato Genova dal traffico.
Ma su questo programma si è subito scatenata una polemica, che ha investito anche le condizioni di sicurezza di questa Sopraelevata. Come ciliegina sulla torta, improvvisamente nella domenica successiva all’annuncio dei grandi lavori, un cavo lungo un chilometro si è staccato dalla sopraelevata. Ed è precipitato a terra proprio all’ingresso dell’Acquario, dove molti turisti aspettavano in coda.
Ci sono state 50 automobili danneggiate e miracolosamente solo tre feriti leggeri. Ma il caso ha evidenziato una situazione di rischio. E quindi il sospetto sulle reali condizioni della arteria. Che ha una lunghezza di quasi due chilometri e collega i caselli autostradali di Genova Ovest con la zona della ex Fiera del Mare.
La Sopraelevata perde i pezzi, come le autostrade liguri, dove la volta di un’altra galleria è precipitata sulla Genova-Milano in mezzo al traffico. Per fortuna era solo una grata di ferro e ha solo sfiorato una auto senza ferire nessuno. Anche il centro destra perde i pezzi? Forse sì….