Genova e il Terzo valico. Il Governo nomina Walter Lupi commissario, ma l’Italia rischia di perdere il corridoio per L’Europa

E pensare che la prima galleria l’avevano già incominciata a scavare sul fianco dell’ Appennino ligure-piemontese, più di dieci anni fa. Nell’entroterra profondo di Genova, già nel territorio alessandrino, a Voltaggio, c’ è un grande buco chiuso da paratie di legno. Tecnicamente si chiama foro pilota ed è la famosa finestra del Terzo Valico, opera-chiave del collegamento tra il porto di Genova e l’entroterra padano, attesa dal 1903, vagheggiata da tre generazioni e sospesa in una incredibile paralisi politico-burocratico.
Quel buco avanza di 800 metri nella collina appenninica, mentre la galleria della quale lo scavo è un test, dovrebbe misurare quiasi 32 chilometri e sbucare nella pianura Padana, dove l’Appennino finisce e si aprono le piatte praterie verso Milano. I trentadue chilometri sono il primo pezzo di un collegamento ferroviario veloce che fino a qualche anno fa era solo il sogno di collegare Milano e Genova con un treno da 300 all’ora, capace di arrivare dalla Madonnina alla Lanterna in 28 minuti. Quel sogno passeggeri poi è diventato il piano di sturare il porto di Genova, soffocato dai container e di trasportarli sul piano, nei grandi retroporti della pianura padana.
Ma oggi il sogno è diventato un nome e un numero: Corridoio 24, l’infrastruttura che nelle grandi strategie europee collegherà Genova a Rotterdam, un toccasana non solo per lo strangolato e asfissiato porto di Genova, ma per tutta l’economia del Nord Ovest. C’è una bella differenza tra scaricare una nave a Genova, spedire la merce su un treno al volo, bucare l’Appennino in pochi minuti e trasportare i container a Nord, Svizzera, Germania, Baviera, fino a Rotterdam, appunto, che pagare quella stessa nave per altri cinque giorni di noli e andare a portare quella stessa merce nei grandi porti del Nord europeo, Rotterdam compreso. Bisogna passare Gibilterra e puntare la prua a Nord e poi virare a Est, allungando il viaggio dal canale di Suez per un tempo economicamente inutile. Se ci si può fermare a Genova. La differenza è far rifiorire il porto principale del Mediterraneo Sud e coltivare l’indotto di tutto il Nord Ovest, una miniera d’oro, oppure lasciare che la miniera d’oro resti sigillata dentro a quei 32 chilometri di scavi: nessuno si arricchisce, anzi a monte della galleria fantasma il sistema infrastrutturale ferroviario, che parte dalle banchine della Superba, sta marcendo. I treni che portano fuori i container dal porto sono sempre meno, la linea si arruginisce, la società delle Manovre Ferroviarie taglia i posti di lavoro mentre i piazzali sono pieni di container appilati.
Chi aveva scavato il buco dieci anni fa, sperando di anticipare i tempi di un’opera invocata fin troppo, sapeva che bisognava fare in fretta per agganciare quel porto al treno dell’Europa, ma ignorava che il tempo per arrivare in fondo al tunnel dei sogni sarebbe stato così lungo, che tutti i governi italiani, di qualsiasi colore, si sarebbero impastoiati e che la concorrenza era in agguato. Oggi il corridoio 24 rischia di non vedere la luce perchè la Francia sta scippando all’Italia lo spazio di quel traffico Sud-Nord con un’altra via: da Algeciras( grande porto spagnolo vicino a Gibilterra) a Barcellona, Marsiglia, Lione.
La nuova via ferroviaria sulla quale Francia e Spagna già lavorano, valga l’ironia, come treni, si chiama Ferrmed ed ha gli stessi finanziamenti del Corridoio 24, dove le lampadine sono ancora spente e i cantieri fermi. Il governo italiano ha fatto approvare dal Cipe il primo finanziamento per scavare quel buco: dovevano essere 5 miliardi di euro per far arrivare la talpa dall’altra parte e, invece, sono arrivati solo 500 milioni. Il Governo Prodi e quello Berlusconi si sono passati la staffetta nel promettere e non mantenere un’opera che oggi vale almeno 30 mila posti di lavoro. Ovviamente la colpa di non iniziare è sempre del Governo in carica, quello precedente usa tutte le sue cartucce per attaccarlo. Ma nessuno usa l’esplosivo per entrare nella miniera d’oro della grande galleria.
E intanto i traffici nel porto di Genova stanno crollando del 22 per cento, male comune a tutti i traffici mondiali, ma qua aggravati dalla assoluta mancanza di prospettive e l’imputridimento delle infrastrutture in corso. La Spagna devia i fiumi, come è avvenuto vicino a Barcellona, per incrementare le infrastrutture portuali. Noi siamo capaci solo di rosicchiare le colline e poi di tappare il buco. La situazione è diventata talmente grave che un gruppo di imprenditori locali, capeggiati da un armatore intelligente, ma esasperato, Bruno Musso della Grendi e Tarros, hanno lanciato contro il progetto del treno superveloce, diventato lumaca, quello del bruco. Il bruco è una linea ferroviaria automatica per trasportare i container su una specie di nastro permanente, senza personale a bordo, tra il porto satellite genovese di Voltri e la pianura Padana, passando, però, a est della galleria fantasma, sulla linea del passo del Turchino. Ha una sola corsia, salita o discesa e si scava molto più facilmente. A tal punto è arrivata l’urgenza di sturare le banchine genovesi: schierare un bruco contro un supertreno, contrapporre il sentiero campestre al corridoio europeo. Se non fosse arrivata la grande crisi Genova città, le sue banchine e gli spazi sulle colline sarebbero stati invasi dai container in uno spettacolo quasi surreale, che già era visibile in alcuni pezzi di città. “ Ce li metteremo sul davanzale i container “_ sostenevano le Cassandre del crak infrastrutturale.
Ma il crollo dei traffici marittimi ha risparmiato l’invasione. Si stava arrivando a quasi due milioni e mezzo di container trattati, ma ora siamo molto sotto e i binari dentro al porto possono continuare ad arrugginire, mentre la lunga fila dei camion e dei Tir carichi di container, in uscita dai varchi portuali, si assottiglia angosciosamente. Per dare una frustata all’ambiente il Governo, dopo avere messo gli spiccioli sulla ruota della scommessa Terzo Valico, ora ha nominato un commissario ad hoc, Walter Lupi, manager di Stato e ex provveditore allo opere pubbliche di Genova per costruire l’opera.
E’ la mossa della disperazione. La nomina di un commissario di solito non porta fortuna: a Genova temono che la mossa del Governo, che vorrebbe essere un colpo positivo d’immagine, non significhi invece la sepoltura di Supertreno e bruco. E forse anche del porto di Genova.
 
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