Giorgia Meloni ovvero la solitudine del leader: è indiscutibilmente brava, attenta, scrupolosa ma ha un piccolo problema, enorme. È sola. Certo ha una efficientissima segretaria, una solidale sorella, un cognato aitante, ma poi?
Ha negli anni radunato un manipolo di arditi, molti suoi coetanei, legati da patti di sangue, disposti a falange, giovani e forti come alle Termopili, ma la Storia ci dice come andò a finire. E soprattutto Giorgia pensa da sola, con chi si confronta intellettualmente? Con La Russa e “Cruisetto”?
Il suo alleato Berlusconi è pssatp, come si dice, a miglior vita. Ha ragione il suo vecchio mago televisivo Gasparotto, quel video alla convention di Forza Italia era al limite del telefono azzurro per anziani. Poi c’è Salvini, l’eterno ragazzone prossimo ai cinquanta, frustrato dal sorpasso ha perso il quid.
Quando nacque Forza Italia, il partito conservatore erede degli elettori del pentapartito della Prima Repubblica, chi era deputato a pensare, a meno di non trovare una IA sovranista, c’era. In quell’area politica e di governo c’erano Colletti, Urbani, Pera, Martino, Mathieu, Badget Bozzo. Poi certo c’erano pure i “bravi” manzoniani, Previti e Dell’Utri, ma gli uomini d’ordine servono sempre. Ma anche nella cultura popolare Silvio, con il suo potere seduttivo, arruolava. Non c’era Gaber, ma la sua canzone ‘qualcuno era comunista’ indeboliva i presuntuosi avversari, e poi comunque c’era sua moglie.
Nei neocon italiani chi pensa, legge e scrive? Hanno preso Pera, ma lo fanno pascolare al Senato ed alla cultura ci hanno messo Sangiuliano. Nemmeno due vecchie glorie culturali della destra come Buttafuoco e Veneziani hanno avuto ruoli di peso.
Alla fine c’è la solitudine, come quella del manager di Vasquez Montalban. Ci si guarda davanti lo specchio dopo uno sguardo tenero alla figlia prediletta, un sorriso stanco all’ottimo marito, e poi? Vabbè faccio una riforma. L’importante che non sia una frittata.