Giustizia, economia e politica: la parabola delle “caciotte” e il rimpianto di Iri & C.
Il Rettore dell’Università nominò una commissione di tre studenti per un incarico delicato. Si trattava di selezionare una ditta fornitrice della mensa scolastica. “Tutti gli studenti contano su di voi per avere pasti migliori”, ci disse il Rettore. Fu così che visitammo le aziende interessate, con meticolosità e impegno.
Una sera, uscendo dalla sede di una di queste aziende, trovammo una piccola caciotta appesa al manubrio delle nostre biciclette. A quei tempi, in casa mia si faceva la fame: mi avventai sulla caciotta e cominciai a ingoiarla con estrema voracità.
Disgraziato, mi investì lo studente d’area cattolica, un fuoricorso di legge, non capisci che ti sei mangiato il corpo del reato e che, per colpa tua, non possiamo più restituire le caciotte!
E’ evidente che si tratti di un tentativo di corruzione; in ogni caso, darò il formaggio alla mensa dei frati. Io, che ero al primo anno di economia e facevo politica universitaria in una lista laica indipendente, proposi: “mangiatele anche voi le caciotte, chi potrà mai dimostrare che le abbiamo prese”?
Cretino, mi apostrofò il terzo studente, d’area comunista, il “datore” dell’”utilità” potrebbe avere fotografato le nostre biciclette con le caciotte appese; è evidente che questo capitalista caseario vuole compromettere la dignità di tre figli del popolo.
Informammo infine lo stesso Rettore, che così chiuse la questione: “Non esiste corruzione, per stabilire se i prodotti erano buoni, era vostro dovere assaggiarli”.
Sono passati tanti anni e mi ritrovo a Genova un’indagine da molti definita delle “caciotte” perché i personaggi implicati si sarebbero venduti ad imprenditori per corrispettivi irrisori, regolarmente denunciati.
La morale è questa: nessuna persona equilibrata può sostenere di averti corrotto con un formaggio, tuttavia, puoi sempre trovare l’individuo in grado di disonorarti per il solo fatto che l’hai accettato.
L’unico modo per allontanare il “dubbio” è quello di fare una gara anche per acquistare una “modica quantità” di beni. La “gara pubblica” è diventata il solo mezzo che ha l’amministratore per proteggere se stesso e dimostrare di non avere favorito qualcuno nella “competizione”, un Valore diventato sacro ed inviolabile a seguito dell’introduzione del “libero mercato” europeo.
Durante il mezzo secolo precedente vigeva il sistema della “contrattazione”, che è l’opposto della “competizione”.
Ad esempio, l’IRI poteva entrare a patti con un’impresa e chiederle di non licenziare operai in cambio di una commessa pubblica redditiva. Non si facevano gare per affidare la commessa; i soldi pubblici erano ben spesi perché si evitava un aumento della disoccupazione.
Persino i Tribunali riconoscevano la “contrattazione”: allorché un fallimento vendeva un’azienda, si doveva privilegiare l’offerente che manteneva il posto al maggior numero di operai rispetto a quello disposto a pagare un prezzo elevato per i macchinari.
Oggi, quando una banca mette a gara le imprese di pulizia, le clausole che un tempo imponevano di garantire il lavoro ai vecchi addetti sono diventate legalmente nulle. Questa normativa ha distrutto in un solo colpo il potere delle organizzazioni del lavoro, che peraltro non avevano mosso un dito per attenuarne gli effetti.
Nessuna azienda in crisi può oggi essere aiutata dallo Stato. Perché siamo arrivati a tanto in Italia e solo in Italia? Alla base di tutto si trova l’idea della “demonizzazione” del profitto e dell’avversario politico.
Lo studente cattolico della “caciotta” considerava il “profitto” il male assoluto. Egli apparteneva al “partito” che si occupava di erogare risorse pubbliche guadagnate da altri e metteva in testa alla scala dei Valori la religione, la cultura e la solidarietà.
Una volta gli dissi: sei un fariseo matricolato; quando il sistema produttivo non genera profitti, le chiese e i musei chiudono, la medicina torna alle origini, gli insegnanti perdono professionalità. Il deficit di bilancio dello Stato italiano che l’Europa ci chiede di ridurre in pochi anni, si deve al partito del “sussidio”.
Chi demonizza gli imprenditori e il ciclo di produzione della ricchezza, non dovrebbe essere ammesso nel “club” dei decisori istituzionali, perché questo tipo di cultura genera spesso la mentalità del “sospetto”.
Se un magistrato pensa che gli “affari” siano una cosa sporca, avrà un pregiudizio nel giudicare le operazioni commerciali e qualsiasi burocrate che autorizza attività economiche cercherà di evitare ogni contatto con l’imprenditore.
Verifichiamo gli effetti pratici di questa cultura del sospetto sulle burocrazie e facciamo parlare gli investitori esteri che chiudono la fabbrica e licenziano i lavoratori nonostante la redditività dell’azienda.
Un tedesco mio cliente che aveva sostenuto ingenti spese per ristrutturare un immobile soggetto a vincolo da parte della Soprintendenza (non vi dico di quale Regione, perché sono tutte uguali) si vide dimezzare l’entità dei contributi.
Mi disse: ho dimostrato l’errore di calcolo del funzionario, il quale mi ha dichiarato: “faccia pure ricorso, l’amministrazione resisterà fino all’ultimo grado di giudizio e ne riparleremo tra 10 o 15 anni, quando sarò in pensione. Chi me lo fa fare di assumermi una responsabilità se rischio l’azione di risarcimento da parte della Corte dei Conti”?
Me ne vado da questo paese, mi dichiarò il tedesco. In Germania il burocrate utile è quello che sa assumersi le responsabilità del proprio ruolo per far girare la macchina, non per paralizzarla.
Da noi, gli amministratori pubblici sono perseguiti in base alle prove dell’eventuale corruzione, mai per il merito delle decisioni assunte: non esiste la presunzione di colpevolezza per avere “favorito” un cittadino.
Un Texano che voleva investire qualche centinaia di milioni in un’azienda tessile chiese il seguente parere: “Il contabile mi ha detto che, se decido di dare una regalia in nero ai miei operai di poche migliaia di euro rispetto ad un fatturato di dieci miliardi, non devo affrontare solo una sanzione tributaria ma incorro in un reato punibile con 5 anni di prigione e più. E’ davvero così”?
Dear Mister, posso darle un parere a “data odierna” perché in Italia la normativa sul falso in bilancio cambia ogni anno a seconda dei governi in carica. Allo stato della legislazione, Lei commette il reato di falso in bilancio e con Lei, per concorso, gli operai che hanno ricevuto la regalia. Politici e imprenditori della Prima repubblica sono stati arrestati in massa grazie al falso in bilancio all’italiana. “No good, bye, bye” mi rispose l’americano.
La demonizzazione politica risale a De Gasperi che aveva escluso dal governo il PCI e il MSI. Il MSI fu sdoganato da Berlusconi. Craxi consentì all’ex PCI di essere ammesso tra i socialisti europei.
In Europa, Macron esclude la destra “fascista” della Le Pen e chiama a raccolta gli eredi del socialismo e del gollismo che gli hanno voltato le spalle.
Il “trombato” Scholz, non si dimette ma discrimina i conservatori europei e la stessa Meloni considerata erede del fascismo e tuttavia “premiata” alle elezioni.
Il Pd, invece di difendere il governo italiano, plaude. Non prendere in considerazione la volontà popolare, può avere effetti politici imprevedibili.
Quando il “popolo” socialista italiano era stato discriminato sul piano etico, l’effetto era stato quello di ridurre i voti alla sinistra confluiti nel partito di Berlusconi.
Che l’esclusione pregiudiziale sia un’operazione priva di senso, deriva dal fatto che ormai non esistono più differenze sostanziali tra una politica di destra ed una di sinistra.
I due governi Conte avevano accettato alla lettera le regole europee, i catto-comunisti avevano gestito l’ingresso in Europa e il cambio lira-euro. L’autonomia dei governi in materia economica si è ridotta a materie insignificanti.
I dibattiti televisivi tra gli esponenti dei partiti, sono diventati questioni di gossip. L’elettore è stufo dei partiti che pretendono di sopravvivere contando sulla rendita ideologica.
La Schlein organizza manifestazioni di piazza contro il Premierato, dimenticando che la proposta Meloni somiglia a quella del centrosinistra nella bicamerale del ’97, voluta da D’Alema.
Quegli sprovveduti della Lega vogliono l’autonomia differenziata senza considerare che perderanno i voti degli italiani da Roma in giù. Sono le scelte scriteriate di una classe politica priva di idee e senza qualità, ad aumentare il consenso dei partiti avversari e non gli atteggiamenti nostalgici di “invasati” che tengono in casa i busti di Mussolini o i ritratti di Stalin.