Gli hi-tech aumentano di prezzo, “equo compenso” o “tassa sull’innovazione?

Il ministro Bondi lo chiama “equo compenso”, i produttori informatici invece “tassa sull’innovazione”. Il risultato è questo: gli hi-tech aumentano di prezzo.  Con un decreto, firmato dal ministro dei Beni culturali il 30 dicembre scorso è stato allargato il numero di dispositivi per cui è necessario pagare il compenso per la “copia privata”, finendo per includere ogni oggetto che possieda una memoria.

In poche parole, chiunque possieda un lettore mp3 o un masterizzatore (ma anche pendrive, hardisk, computer e persino alcuni tipi di decoder che registrano i programmi tv) deve sobbarcarsi un costo per la possibilità che ascolti o copi qualcosa senza averla pagata. Una multa preventiva insomma, se poi si commetta o no il reato non importa. I soldi di questo “equo compenso” andranno tutti nelle tasche della Siae, la Società di autori ed editori, che secondo alcune stime potrebbe ricevere oltre 100 milioni di euro attraverso questo decreto. Dal canto suo la Società si difende sostenendo che si tratta “di una tutela e non di una tassa e che gli introiti vanno agli artisti”.

Le conseguenze non tardano a venire. I produttori informatici ritoccano i prezzi al rialzo, imputando l’aumento alla sovrattassa, che ricade su tutti i prodotti utilizzati per la registrazione di musica e video e sui loro supporti, introdotto come risarcimento preventivo per le possibili violazioni del diritto d’autore che veicoleranno.

Contro il provvedimento si sono subito sollevate le proteste delle associazioni dei consumatori, di quelle dei produttori informatici e non solo. Altroconsumo, Cittadinanzattiva, Adiconsum, Movimento Difesa del Cittadino e Assoutenti hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio, sostenendo l’illegittimità della misura; Altroconsumo ha anche avviato un ricorso all’Unione Europea contro quelli che giudica degli “aiuti di stato”; l’Assinform, associazione dei produttori informatici, ha protestato ufficialmente per bocca del suo presidente ; l’Istituto per le politiche dell’Innovazione ha promosso invece una moratoria per chiedere al ministro Bondi di sospendere l’efficacia del provvedimento fino a che i giudici non si saranno pronunciati sulla sua legittimità (è possibile firmare la moratoria a questo link e su Facebook).

L’equo compenso deve essere corrisposto da chi fabbrica o importa in Italia la strumentazione per la registrazione i supporti (analogici e digitali) su cui questa viene salvata: i rincari previsti dalle tabelle ministeriali ricadono direttamente sui produttori e, attraverso l’aumento dei prezzi dei supporti e degli strumenti, sui consumatori.

Tra gli aumenti più rilevanti ci sono i 2,4 euro per ogni computer con masterizzatore (1,9 se il computer non lo ha); i lettori mp3 crescono dagli 0,64 ai 9,66 euro in base alla memoria; fino a dieci centesimi a gb per le chiavette usb; ventinove euro per un hard disk integrato oltre i 250 gb; due centesimi a gb per un hard disk esterno (un trecento gb aumenta così di sei euro).

La prima azienda ad adeguarsi è stata la Apple, i cui prodotti hanno subito un aumento tra i 3 e i 18 euro per compensare la sovrattassa dell’equo compenso. Particolarmente penalizzati sono stati i lettori mp3 della linea iPod: il classic da 160 gb è balzato a 247 euro (dai 229 originari), ma anche i prodotti meno cari, come lo shuffle da 2 gb, hanno subito aumenti di oltre il 10%, passando da 55 a 61 euro, ben 6 euro in più che diventano 10 per l’acquisto di un iPod Touch da 64 Gb.

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