I VESCOVI E IL TESTAMENTO BIOLOGICO

Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Massimo Franco sulle dichiarazioni del cardinal Bagnasco riguardo al testamento biologico intitolato ”Il richiamo dei vescovi”. Lo riportiamo di seguito:

”Il lessico usato dal cardinale Angelo Bagnasco riflette tutta la diffidenza dei vescovi italiani per il modo in cui è stato riempito finora il vuoto legislativo sul testamento biologico. Chiedere al Parlamento «una legge sul fine vita» tende a sollecitare una riflessione nuova; e a prevedere una serie di paletti legali che dovrebbero impedire «forme mascherate di eutanasia ». In sé il tema viene dibattuto da tempo. E Cei e Vaticano hanno scelto posizioni così nette da comportare anche polemiche laceranti. Ma l’accenno di Bagnasco ad alcuni recenti «pronunciamenti giurisprudenziali» sembra un riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro, la ragazza di Lecco in coma dal 1992. È quel dramma ancora dolorosamente sospeso ad avere suggerito una pressione esplicita sul potere legislativo. Alcune decisioni della magistratura, è la tesi del presidente della Cei, avrebbero «inopinatamente aperto la strada all’interruzione legalizzata del nutrimento vitale»; e dunque condannato «queste persone a morte certa». Si tratta di critiche indirette, ma chiare; e del rifiuto di avallare una situazione che per Bagnasco può portare a «esiti aberranti ». Il suo appello alle Camere è un tentativo di esorcizzare quelle che le gerarchie cattoliche considerano interpretazioni inaccettabili.

L’impressione è che i vescovi confidino in una legge approvata a grande maggioranza: anche da quei cattolici che sono stati eletti nelle liste del centrosinistra. Per questo non è da escludersi qualche tensione soprattutto nel Pd. Ma nelle parole di Bagnasco si avverte la convinzione che in Parlamento esistano i numeri e la volontà trasversale per arrivare al risultato sperato. Sebbene la Cei continui a non mostrarsi particolarmente «governativa». I giudizi sulla maggioranza sono in chiaroscuro. Si dà atto al centrodestra guidato da Silvio Berlusconi di avere fatto qualcosa in materia di riforme: scuola, federalismo fiscale, giustizia. E di avere affrontato alcune emergenze. Ma si tratta di riconoscimenti espressi con cautela, senza trascurare i rischi che comportano alcune misure e l’inadeguatezza di altre. Proprio in materia di famiglia le richieste al governo rimangono incalzanti, esigenti, critiche. Rappresentano la parte più puntuta di un discorso che non trascura di insistere sull’impoverimento di chi ha un solo reddito; e sui segnali pericolosamente negativi che comincia a dare il Paese nel rapporto con gli immigrati. Sono richiami che qualcuno può ritenere prevedibili e quasi di maniera. Eppure appaiono significativi, dopo i recenti episodi di violenza a Milano e in Campania, nei quali è difficile non scorgere anche germi di razzismo. Affiora l’immagine di un’Italia non bella, ma che la Cei si rifiuta di considerare «da incubo ». Forse, perché la vede come l’estrema diga contro una «cristianofobia» annidata perfino nelle pieghe dell’Europa e di alcune leggi italiane: un incubo da scacciare, a costo di essere accusata di ingerenza”.

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