Ignazio Marino, Nicola Zingaretti: politica a Roma in un mare di fango

Pubblicato il 7 Dicembre 2014 - 17:38 OLTRE 6 MESI FA
Ignazio Marino, Nicola Zingaretti: politica a Roma in un mare di fango

Ignazio Marino pedala ma nel fango della politica a Roma la scorta di un vigile ciclista non basta

ROMA – Per quanti sforzi facciano, Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, e soprattutto Ignazio Marino, sindaco di Roma, non riescono a contemplare con distacco e serenità l’inchiesta sulla rete di corruzione tessuta dalla cooperativa 29 giugno. Il color nero, che all’inizio avvolgeva l’indagine della Procura della Repubblica di Roma, sta mutando sempre più in rosso e nero.

La fretta di smentire fa spesso mentire anche malamente, come dimostra Carlo Tecce sul Fatto, in un articolo intitolato: “Dalla coop rossa 30 mila euro a Marino, dove sono le ricevute?”

Quando lo scandalo è venuto galla, ricorda Carlo Tecce,

“il sindaco Ignazio Marino s’è affrettato a precisare con estrema sicurezza: “Mai parlato con Salvatore Buzzi”, il padrone di “29 Giugno”, la coop che spadroneggia a Roma, il braccio destro (e rosso) di Massimo Carminati, il nero. Ecco che vengono diffuse le fotografie di Marino proprio con Buzzi”.

Poi viene ripescata un’intervista in cui Ignazio Marino, allora candidato,

“promette di versare il primo stipendio del Campidoglio a “29 Giugno”. Ora sappiamo che la “Eriches”, una società del giro di appalti di Buzzi, ha finanziato la campagna di Marino con un bonifico di 20.000 euro, datato 25 maggio 2013 e passato fra le mani di Maurizio Basile, il mandatario elettorale del “Comitato Marino”, un sindaco piemontese.

E poi ci sono 10.000 euro destinati a Luca Giansanti, che era in corsa per l’ennesimo mandato in Campidoglio per la lista civica a supporto di Marino. Ci è riuscito.

Giansanti è il responsabile commerciale (in aspettativa non retribuita) del Consorzio Nazionale Servizi, la cooperative bolognese. Buzzi è un componente del consiglio di sorveglia di Cns. Stavolta, la spiegazione del Campidoglio non è così perentoria. Non smentiscono di aver percepito una donazione da Buzzi, riscontrata in una tabella del Ros dei Carabinieri e non ammessa preventivamente dal sindaco, che sin dall’inizio ha marcato la distanza dal sistema Buzzi, liquidato come eredità di passate amministrazioni.
Il contributo non compare nelle dichiarazioni congiunte depositate alla Camera dei deputati, per adesso è disponibile soltanto il documento col marchio del Ros.

Il Fatto Quotidiano ha chiesto al Campidoglio di rendere pubblica la ricevuta del pagamento per certificarne la regolarità. Dopo aver replicato con un foglietto che attesta le spese sostenute (361.000 euro in totale), i collaboratori di Marino hanno ribadito di aver informato dei 30.000 euro l’ufficio elettorale del Campidoglio, la Corte d’Appello e la Corte dei Conti. Per il momento, in questi giorni festivi e il tesoriere in viaggio, il Campidoglio non è in grado di esibire nulla”.

Ignazio Marino ha poi spiegato così i 30.000 euro:

“Io non ero consapevole, più di un anno e mezzo fa, se Buzzi fosse un criminale, perché non sono un investigatore. Nella mia vita mi sono sempre molto occupato delle condizioni di vita nelle carceri e credo nel carcere come momento di rieducazione e non solo come punizione. Quando io sono entrato nella sede di quella cooperativa sociale per la rieducazione dei detenuti, lì non c’era Totó Riina o persone attenzionate pubblicamente da indagini della magistratura. Durante la mia campagna elettorale abbiamo raccolto delle donazioni in maniera trasparente, che sono tutte documentate e registrate nei documenti della Corte dei Conti”.

Giovanna Vitale di Repubblica vede il Campidoglio corrotto in un’ottica di sinistra e colloca quindi i fatti in una prospettiva temporale un po’ stretta:

“Era preoccupata assai, la gang del “Mondo di Mezzo”. Il cambio della guardia sul colle capitolino, nella tarda primavera del 2013, aveva pressoché azzerato tutti i punti di riferimento. Per cinque anni Buzzi e Co. avevano avuto libero accesso alle stanze del sindaco Alemanno e del suo braccio destro Antonio Lucarelli, avevano aggiustato appalti coi dirigenti comunali e i vertici di Ama, ma le elezioni avevano fatto tabula rasa e adesso dovevano ricominciare daccapo.

Agganciare i successori. Individuare almeno un “cavallo di Troia” che curasse i loro interessi dentro il nuovo Gabinetto del sindaco. Figurarsi se potevano arretrare sul Campidoglio. Scrive il gip Flavia Costantini nell’ordinanza cautelare: «I rapporti con la nuova amministrazione comunale sono costituiti da una relazione con il capo della segreteria del sindaco, Mattia Stella, che s’intrecciano con quelli con Coratti (presidente del consiglio comunale, ndr ).

Eloquente nel senso della costruzione di un rapporto privilegiato con Stella — insiste il magistrato — è la conversazione nella quale Buzzi chiamava Carlo Guarany, lo informava che prima sarebbe andato in Ama e successivamente presso il Gabinetto per incontrare Mattia, conversazione nella quale Guarany diceva che occorreva “valorizzare” Mattia e “legarlo” di più a loro».

Un «rapporto privilegiato», ripete il gip, «che passava anche per incontri personali in luoghi diversi da quelli istituzionali, come quello monitorato dal pedinamento della sera del 22 gennaio, nel contesto temporale di un programma corruttivo». Programma che si nutriva di telefonate frequenti e incontri improvvisati a palazzo Senatorio, di blandizie e attenzioni, con l’obbiettivo di trasformare una semplice conoscenza in amicizia.
Il fotopedinamento del Ros una sera di gennaio 2014 ha dell’inquietante. Intorno al ristorante Alvaro al Circo Massimo, a Roma, è buio, le sagome si scorgono a stento: prima arrivano Buzzi e Guarany, poi il presidente della Legacoop regionale Stefano Venditti, infine Stella. Che si ferma «sotto la tettoia in prossimità dell’ingresso » e s’intrattiene «in una breve conversazione». Dopodiché tutti e quattro entrano da Alvaro. Cosa si son detti resta però un mistero. Che Buzzi mantiene anche con i suoi quando, il giorno dopo, riferisce solo di aver «espresso a Stella delle critiche sull’operato del sindaco» e che lui «aveva risposto di dargli tempo, perché si era appena insediato»”.

Onesta cronista, Giovanna Vitale ha raccontato anche come

“il sodalizio criminale guidato dal Nero e dal Rosso, l’ex Nar Massimo Carminati e il “compagno” Salvatore Buzzi, aveva pensato bene di “coprirsi” pure con lo sfidante. Sovvenzionando la campagna elettorale di Ignazio Marino uscito vittorioso dalle primarie del Pd.
Buzzi, una settimana prima del voto, al telefono con Carminati teorizzava: «Tu devi essere bravo perché la cooperativa campa di politica, perché il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, cene, manifesti. Lunedì c’ho una cena da ventimila euro, pensa… Questo è il momento che paghi di più perché stanno le comunali, poi per cinque anni… Noi spendiamo un sacco di soldi sul Comune».
«Se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati. E mo vedemo Marino, poi ce pigliamo e misure tramite Luigi Nieri (vicesindaco di Sel, ndr)».
Il problema è che avvicinare Ignazio Marino non è facile, l’unico contatto concreto è il suo capo segreteria Mattia Stella, «che dobbiamo valorizzare e legà di più a noi», dice non a caso Buzzi.

Carminati parla di «un’operazione direttamente con Zingaretti per sistemarsi Berti (avvocato nominato da Alemanno nel cda di Ama, ndr), questi qua, pe sistemasse… perché deZingaretti se fidano, de Marino non se fida nessuno ».

Con Nicola Zingaretti — sostiene Buzzi in un’altra intercettazione — un rapporto sarebbe stato stabilito mettendo a libro paga uno dei suoi in Regione.

Zingaretti ha ragione a chiedere:

«Se avevano bisogno di qualcuno per avere contatti con me, è perché forse sapevano che con me non potevano averli».