Il caso del governatore Toti e l’attuale supremazia della Magistratura. La mia incrollabile fede verso la Giustizia si era appannata a seguito di un evento giudiziario accaduto anni fa in Liguria. Nel maggio 1993, durante il periodo in cui era sindaco di Genova, l’on. Claudio Burlando venne coinvolto in una inchiesta relativa a due opere pubbliche. Fu disposta la custodia cautelare in carcere, cui seguirono gli arresti domiciliari. In quel periodo gli giunse la solidarietà del presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, il capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro.
Burlando si dimise da sindaco della città. Dopo 4 anni venne assolto in via definitiva dalle accusa di truffa per non aver commesso il fatto e da quella di abuso d’ufficio perché il fatto non sussisteva: Burlando, è tornato ad essere la persona onesta che era sempre stata, solo dopo un lungo calvario. Durante le feste dell’Unità l’intera dirigenza del PDS organizzava tavole rotonde per contestare l’operato dei Pm genovesi.
Si tennero nuove elezioni e risultò eletto sindaco di Genova un magistrato, il quale basò la propria campagna elettorale sul valore dell’onestà e che tuttavia non ottenne un secondo mandato.
A seguito dell’arresto domiciliare dell’attuale presidente della Regione Liguria, un leader dell’opposizione di sinistra, figlio dell’ex sindaco-magistrato, urla il proprio sdegno e chiede nuove elezioni.
Sotto altro aspetto, v’è a dire che oggi non è più possibile denunciare infiltrazioni della politica nella Magistratura: la stagione delle toghe rosse è ormai alle spalle, non esistono più magistrati al servizio di partiti. Pertanto, se un’indagine si risolve in una bolla di sapone, significa che l’inquirente è professionalmente inidoneo, perché le prove da esso raccolte sono risultate prive di pregio in fatto o in diritto. Quando un inquirente ha commesso reiterati errori, il suo trasferimento ad altro incarico diventa atto dovuto nell’interesse della giustizia e dei cittadini: il principio dell’autonomia non è in discussione.
La supremazia delle procure non deriva da questioni ideologiche, ma da errori della classe politica.
I nostri padri costituenti avevano discusso sul ruolo e sui poteri della “polizia giudiziaria”, che doveva essere composta da un limitato nucleo di “collaboratori degli inquirenti”. Con il tempo si è arrivati a consentire la possibilità di utilizzare qualsiasi “pubblico ufficiale”. E’ così accaduto che tre corpi armati (polizia, tributaria e carabinieri) con tutto il loro armamentario tecnologico e professionale, fossero impiegati per effettuare le indagini. Questo immenso potere, che non ha uguali nel resto del mondo, ha segnato la supremazia indiscussa dei magistrati rispetto alla politica.
Nel caso Palamara, le registrazioni con il trojan hanno dimostrato che le carriere dei magistrati avvengono sulla base dei voti di scambio.
La normativa attuale consente ai privati di effettuare versamenti a favore di Fondazioni vicine a partiti o a gruppi politici. Queste Fondazioni (o comunque si vogliano denominare) possono organizzare “cene eleganti” per chiedere un contributo ai partecipanti, considerati simpatizzanti d’area. Si può essere certi che un professionista che ometta di versare il proprio obolo, non sarà mai nominato nei consigli di amministrazione delle società partecipate dai Comuni o da altri Enti pubblici. I versamenti devono essere trasparenti: nel caso della Fondazione vicina a Toti i “privati” hanno effettuato rimesse tracciabili ed è dimostrato che questi finanziamenti sono stati utilizzati per la campagna elettorale.
A questo punto interviene la Procura, che indaga per verificare se esistano legami tra la dazione alla Fondazione ed eventuali benefici per il privato erogante. Si tratta di un “filone” d’indagine che si sta allargando a macchia d’olio.
Le indagini richiedono tempi lunghi e i successivi processi sono interminabili, perché occorre provare, al di là di ogni dubbio, la stretta connessione tra il contributo elettorale e l’utilità di ritorno. Nel caso di Toti sarà necessario dimostrare che le concessioni di spazi pubblici ad imprese siano intervenute in dispregio delle procedure di legge e che vi siano stati funzionari addetti alle gare o alle istruttorie tecniche, che hanno aggirato le norme. Le intercettazioni non fanno prova in dibattimento e servono solo per i processi mediatici.
Chi afferma di sperare in un pronto “chiarimento” non sa cosa dice: chi entra in una indagine penale in Italia, resta “mascariato” almeno fino alla sentenza di primo grado. Vedremo se l’attuale maggioranza sarà in grado di far valere il principio della presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva.
Per mezzo delle Fondazioni, si è ritenuto di imitare il modello di democrazia Usa, dove il candidato alla presidenza spende almeno 2 miliardi di dollari, il più modesto deputato di uno State ha bisogno di almeno trecento milioni, il “bundler” deve raccogliere fondi illimitati per coprire le spese fisse dell’organizzazione elettorale (spazi televisivi, locali per le conferenze, acquisto di pacchetti di voti dalle comunità nere, sud americane, islamiche, cattoliche, ecc..).
Secondo Mr. Russel, un deputato della Louisiana: “La differenza tra un contributo elettorale e un atto di corruzione è grande quanto un capello”. Non esiste magistrato che possa permettersi di indagare sull’origine dei versamenti: il contributo elettorale è “sacro” e “illimitato”. E’ comunque un fatto certo che la democrazia Usa sia quella più esposta al fenomeno della corruzione nell’emisfero occidentale.
In Italia, il vecchio PCI riceveva finanziamenti superiori a qualsiasi altro partito, tuttavia con una discriminate molto importante: tutti questi finanziamenti confluivano sulla segreteria nazionale e venivano distribuiti ai territori e ai singoli candidati, i quali potevano indossare la “maschera” dell’onestà individuale. Dinnanzi al proliferare di partitini e correnti, considerati il “sale” della democrazia, troverei corretta la previsione di finanziamenti limitata alle segreterie nazionali.
Quanto ai rapporti tra affari e politica, è dimostrato che un imprenditore “accorto” finanzia tutti i partiti, senza alcuna distinzione “ideale” e che i cosiddetti “tecnici” sono corruttibili come qualsiasi uomo politico.
I parlamentari che hanno approvato il voto di scambio nell’attuale formulazione, sono inetti allo stato puro.
A Genova, tutti i partiti hanno acquistato il “pacchetto” delle famiglie di Riesi, una comunità di siciliani il cui livello di alfabetismo è inferiore a quello di un watussi immigrato sui barconi. Ancor più ridicola è l’aggravante mafiosa, che sarebbe concepibile solo se il Ministero degli interni pubblicasse ogni sei mesi un elenco delle imprese e delle persone considerate vicine a Cosa nostra. Come si fa a stabilire ex ante se una persona che incetta pacchetti di voti sia un mafioso?
L’effetto di queste vicende è il discredito internazionale, la fuga dei migliori cervelli dalla politica e l’aumento dell’assenteismo elettorale. E’ il caso di rischiare la faccia per la “plebe frumentaria” che ti elemosina un favore e poi ti criminalizza? Lo sapete che tra dieci anni, si prevede una partecipazione al voto del trenta per cento?
Per riequilibrare i poteri della politica con quelli della Magistratura, sono dunque necessari i seguenti provvedimenti di natura tecnica:
il trasferimento ad altre funzioni dei magistrati inquirenti risultati inidonei in relazione al loro “curriculum” professionale;
la costituzione di un ruolo di pubblici ufficiali al servizio dei magistrati, distinta rispetto alle tre forze armate (carabinieri, polizia e tributaria) che devono tornare a svolgere il loro ruolo istituzionale;
la modifica della legge elettorale sulla base delle normative esistenti presso gli altri paesi occidentali;
una selezione della classe politica in grado di comprendere i reali bisogni del paese e di legiferare con la necessaria competenza.
Nel frattempo, non resta che attendere il prossimo turno di arresti eccellenti, a carico delle più recenti leve di partito e di governo.