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Il numero perfetto/ Quel giorno che mi accorsi che per la terza volta…

di admin |14 Maggio 2009 10:18

Dicono tutti così, quelli che ti incontrano con una pancia enorme e ripetono “Brava, è una cosa bellissima. Tre è il numero perfetto”. Però intanto loro hanno un solo figlio a carico e un conto corrente vero e sono appena tornati dalla settimana bianca: il bambino scia, nuota come un delfino, va a cavallo e parla tre lingue.
Dopo la prima fase di riservatezza, in attesa di metabolizzare la notizia della terza gravidanza, arrivata inaspettatamente, di superare per la terza volta la prova amniocentesi e di comunicare al lavoro che l’hai fatto ancora, adesso è innegabile. Ventinovesima settimana. Proprio a buon punto. Anche troppo, considerati i miei standard.
Nel 2003, prima gravidanza, ero praticamente precaria: motorino e 12 ore al giorno con telefono e computer. Ho rotto le acque mentre lavoravo, alla trentaquattresima settimana, e non l’ho capito. La giornata di lavoro si è conclusa con un cesareo d’urgenza e un figlio “dismaturo”, un chilo e 400 grammi, significa piccolo per l’età gestazionale: nove giorni di incubatrice. Oggi sta benone, a parte qualche problema di attenzione dovuto alla prematurità.
Per la seconda gravidanza, anche questa imprevista, avevo un contratto a termine. Anno del signore 2006, il primo commento di mio marito, che questa volta avevo raggiunto e superato nella carriera, visto che lui continua a essere un precario, come la prima volta(e la terza) è stato “non è possibile”. E’ andata meglio perché mi sono limitata a chiedere al mio datore di lavoro se avesse intenzione di trasformare il contratto in scadenza in un contratto a tempo indeterminato. In realtà avevo già avviato tutte le procedure per l’interruzione della gravidanza e fissato l’appuntamento per l’intervento. Poi sono arrivate le rassicurazioni del datore di lavoro e la mattina dell’operazione ho dato buca. Così ho scelto di lavorare fino all’ottavo mese. E dopo dieci giorni dall’inizio dell’astensione obbligatoria ho partorito. Ancora una volta ho rotto le acque in anticipo, 38 settimane, ma questa volta l’ho capito. Cesareo:due chili e 600 grammi. Un successo. Oggi, la ragazza, è davvero carina.
Arriviamo all’attualità. Alla terza fantastica gravidanza in tempo di recessione.

Con un marito ritenuto praticamente sterile (causa varicocele e idrocele) e io poco fertile, quattro fibromi che si alimentano nel mio utero e 38 anni. Quando si dice i miracoli della natura. Credo, e a questo punto mi auguro, con rammarico, che oramai non avrò la possibilità di vivere questi benedetti nove mesi come quasi tutte le mamme raccontano: emozioni, sogni, coccole. Non ho tregua da nessun punto di vista. Penso che la gravidanza sia un incubo: devi fare tutto quello che facevi prima ma in più sei grassa e ti affatichi. Non ti vengono i vecchi vestiti e devi spendere soldi.

Indigenza totale, casa piccolissima: un solo bagno e due stanze (oltre al salone), bollette che ci inseguono, una Panda del ’99 dove non potrò stipare di certo tre bambini, un sacco di soldi da anticipare per esami e accertamenti e sensi di colpa per ogni sigaretta e ogni sorso di vino o birra che bevi. Il vero incubo è la casa. Mi tormenta. Poi c’è l’ipocrisia dei colleghi e dei capi. Sulla quale, forse, è meglio glissare.
E la prospettiva: nera. Confesso: l’idea di ricominciare mi terrorizza. A partire dal nuovo cesareo, durante il quale, sempre che tutto vada bene, e nella quasi scontata rottura delle acque anticipata, con un chirurgo finora ignoto, si dovrà anche porre rimedio alla mia “diatasi” degli addominali. In pratica i muscoli si sono aperti (a causa dell’altra gravidanza) e prima di rimanere incinta mi entrava una mano nell’addome. Dovranno tirarli giù e ricucirli. Speriamo. Poi c’è il rischio che anche questa pupa (è una femmina) nasca sotto peso. Già è sotto la media. Mi limito alle preoccupazioni dell’ultimo mese di lavoro che mi si prospetta e a quelle del parto, che non ho ancora capito dove avverrà. Ma il peggio forse arriverà dopo.
Però ci sono anche quelli che dicono: i figli sono doni della provvidenza, non ti preoccupare. Aspetto un segno.

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