Il pd, veltronista senza Veltroni, imita Di Pietro e aspetta il dopo elezioni

Fateci caso: Franceschini parla come di Pietro (ma azzecca i congiuntivi), si muove come lui, mette l’accento sugli stessi stereotipi cari al leader dell’Italia dei valori.

Nel corso di questa campagna elettorale entrambi stanno recitando lo stesso copione. Tutti e due prevedono involuzioni autoritarie, anzi dittatoriali, che francamente non ci sembrano alle viste. E non soltanto a noi. Per non essere assimilati, comunque, cercano di smarcarsi tanto per fregarsi i voti a vicenda. L’ultimo episodio è esilarante. Di Pietro presenterà nei prossimi giorni una mozione di sfiducia contro Berlusconi; Franceschini ha chiesto di firmarla: gli è stato opposto un netto rifiuto. Insomma, l’ex-magistrato non vuole confondersi con i perdenti del Pd, ma questi non demordono e gli vanno dietro come cagnolini, incapaci di articolare una proposta decente che faccia salire di tono l’opposizione al governo ed alla maggioranza di centrodestra.

Dove sta la discontinuità con Veltroni? L’ex-segretario ha pagato la sua ingenuità assai cara, non si vede perché chi ne ripercorre le orme debba essere considerato migliore di lui. Gli elettori, insomma, se ne sono accorti che Franceschini è il clone del suo predecessore? Crediamo di sì. Tanto che quella volpe di D’Alema, per bocca dell’intelligente Latorre, fa sapere che non ha nessuna intenzione di seguire ed assecondare il nisegretario nella corsa verso il baratro. Dopo le elezioni ci sarà tempo e modo per discutere dell’avvenire del Pd che, presumibilmente, avrà la faccia di Bersani con l’avallo della vecchia classe dirigente fatta fuori proprio dal duo Veltroni-Franceschini. Ma con quale politica?

Alla domanda per adesso non c’è risposta. Di sicuro gli spartiti dodecafonici dell’antiberlusconismo di maniera andranno al macero. E forse allora la sinistra avrà modo e tempo di riprendersi, sia pure con molta fatica, dagli smacchi fin qui subiti. Comincerà, insomma, a pensare. Forse anche ad elaborare una strategia convincente.

Attaccarsi alla via giudiziaria, tanto per seguire Di Pietro, è chiaro, ormai, che non apre nessuna prospettiva al Pd. Neppure l’attesa messianica della bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte costituzionale, favorirebbe la sortita della sinistra nella cittadella di Palazzo Chigi. Se Berlusconi venisse processato, infatti, la prescrizione s’incaricherebbe di mandare tutto in fumo. E allora perché sperperare il residuo patrimonio di credibilità da parte di Franceschini, imbeccato da Di Pietro, per vagheggiare un nuovo impossibile 1994?

Semplicemente perché non si ha un’altra idea della politica – ed ecco un’ assonanza ancora con il dipietrismo – se non quella della delegittimazione dell’avversario per via scandalistico-mediatica. Laddove invece occorrerebbero proposte alternative per stabilire un confronto e magari convincere gli elettori delle proprie buone ragioni. Troppo difficile. Persino impossibile per chi ha una visione dell’opposizione prossima alla resa incondizionata. Tale, infatti, è l’impressione che si ricava dalle litanie che Franceschini propone tutte le sere in tutti i telegiornali facendosi riprendere nei mercati, negli allevamenti, nei campi, sui treni e sugli autobus per dire sempre e soltanto la stessa cosa: Berlusconi non ne indovina una, dimenticandosi di spiegare perché e soprattutto di fornire la sua ricetta alternativa.

Il premier, purtroppo, offre spesso il destro per qualche fondata polemica ai moribondi di Largo del Nazareno. La tirata contro il Parlamento “inutile” e “controproducente” non gli ha giovato. Anche perché i suoi non hanno fatto salti di gioia sentendosi maltrattati come non meritano dopo aver approvato corposi pacchetti di legge del governo senza battere ciglio, seppure con non pochi mal di pancia.

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