Quando L’Espresso gli ha chiesto di scrivere un articolo sulla libertà d’informazione in Italia, Umberto Eco dice di essere rimasto perplesso. Poi l’articolo lo ha scritto, pubblicato questa settimana con il titolo “Il nemico dell’informazione”, ma il bersaglio della sua critica non è stato (solo) Berlusconi. Gli uomini come il nostro presidente «non sempre – si legge – hanno conquistato il potere a cui aspiravano, perché la società non glielo ha permesso. Quando la società glielo ha permesso, perché prendersela con questi uomini e non con la società che li ha lasciati fare?». Ma Croce, a differenza della maggioranza degli italiani, a Berlusconi dice: «Io non ci sto». Il perché è molto semplice.
«Nel 1931 il fascismo aveva imposto ai professori universitari, che erano allora 1.200, un giuramento di fedeltà al regime. Solo 12 (1 per cento) rifiutarono e persero il posto. Alcuni dicono 14, ma questo ci conferma quanto il fenomeno sia all’epoca passato inosservato lasciando memorie vaghe. Tanti altri, che poi sarebbero stati personaggi eminenti dell’antifascismo postbellico, consigliati persino da Palmiro Togliatti o da Benedetto Croce, giurarono, per poter continuare a diffondere il loro insegnamento. Forse i 1.188 che sono rimasti avevano ragione loro, per ragioni diverse e tutte onorevoli. Però quei 12 che hanno detto di no hanno salvato l’onore dell’Università e in definitiva l’onore del Paese. Ecco perché bisogna talora dire di no anche se, pessimisticamente, si sa che non servirà a niente. Almeno che un giorno si possa dire che lo si è detto».