IMMIGRATI: NO ALLA CITTADINANZA

di Viviana

L’immigrazione continua a scaldare le coscienze l’Italia. Per lo più, l’uomo della strada vorrebbe rispedire al mittente le centinaia di migliaia di migranti del nostro Paese – quando va bene per disinformazione e ingenuità, e quando va male perché è tanto razzista da ignorare pervicacemente ogni comune buonsenso. I presunti liberal gridano allo scandalo, ma sotto sotto sono d’accordo. In sostanza, da un lato abbiamo patetici don Chisciotte che si illudono che con due maiali al pascolo e quattro demenziali emendamenti a quella porcheria giuridica che è il testo unico modificato dalla Bossi-Fini, ricacceremo indietro milioni di disperati senza alternativa (per la serie: la geopolitica non ci interessa). Dall’altra abbiamo un manipolo di fricchettoni imbolsiti mano nella mano a chierichetti arricchiti che blaterano assurdità sul bisogno di agevolare l’acquisizione della cittadinanza italiana. Ma scherziamo? Ma vogliamo capire o no che chi viene quotidianamente trattato a pesci in faccia perché scuretto o giallino con la cittadinanza ci fa la birra? Ma ci ricordiamo che la cittadinanza rappresenta un progetto di vita che un precario dell’esistenza, come sono di norma i migranti in Italia, non è in grado di fare dopo cinque anni e spesso nemmeno dopo dieci? La vogliamo smettere di offrire carità pelosa, e cominciare a essere un Paese serio dove per trattare civilmente TUTTI gli esseri umani non abbiamo bisogno di metterli burocraticamente «al nostro livello»? Ci mancherebbe altro, per sovrappiù, di svendere così la dignità di una nazione. Io dico che, per risolvere il problema del’immigrazione (chissà perché sempre problema, poi), è spaventosamente razzista proporre un allargamento della cittadinanza. Come a dire: i diritti potrete pretenderli solo quando diventerete italiani. Prima di allora, giù la cresta ché non vi spettano.

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