IN DIFESA DELLA LIBERTA’ DI MERCATO

Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Piero Ostellino sulla crisi economica in atto intitolato ”Il mercato e la liberta”’.Lo riportiamo di seguito:

”Il Financial Times ha pubblicato un editoriale — di lunghezza e rilievo grafico inusitati— in difesa della libertà di mercato. Che «non è —scrive il quotidiano inglese — una "religione fondamentalista". E’ un meccanismo, non un’ideologia, che ha dimostrato il suo valore più e più volte negli ultimi 200 anni. Il Financial Times è orgoglioso di difenderlo, anche ora».

L’errore dei nemici della libertà di mercato è che essi puntano il dito sulla parola «mercato», mentre quella più importante è «libertà». Il mercato altro non è, infatti, che una delle manifestazioni della libertà, come lo sono le libertà di coscienza, di parola, di associazione. D’altra parte, poiché non hanno il coraggio di spingersi fino a dire d’essere contrari alla libertà, essi manifestano la loro ostilità al «mercato», sostenendo che mandato del governo sia «fare del bene» contro i «fallimenti del mercato ». Ma la libertà è, invece, il diritto di ciascun individuo di perseguire autonomamente il proprio ideale di bene a condizione di non impedire ad altri di fare altrettanto.

Il liberalismo — che è relativista, e perciò migliorista — è per la correzione dei fallimenti del mercato; per riparare gli errori che esso può fare. Il mercato—scrive il Financial Times, riecheggiando Karl Popper — è il luogo del tentativo e dell’errore » (trial and error). Ma il principio della riparazione del danno—nell’originale accezione del liberalismo ottocentesco — era collegato solo al concetto di «danno illecito». Non prevedeva la riparazione pubblica dei danni che l’individuo, nell’esercizio della propria libertà di scelta, fa a se stesso. Ci sono danni non risarcibili perché non illeciti (damnum absque injuria, della tradizione giuridica liberale anglosassone). Gli statalisti e i dirigisti — per giustificare il proprio interventismo—collegano, invece, il principio della riparazione del danno alle «esternalità negative » del mercato, finendo col comprendervi la maggior parte della normale attività economica di ogni uomo. Ciò che John Kenneth Galbraith — l’economista liberal americano non sospettabile di indulgenza verso la concorrenza senza regole— ha definito «la separazione dei quattrini dai cretini» nel crollo di titoli in Borsa (dove chi ci si avventura dovrebbe anche sapere i rischi che corre).

Il Financial Times ricorda, al riguardo, che lo Smooth-Hawley Tariff Act, che aveva quadruplicato le tasse su migliaia di importazioni, finì col prolungare la «Grande depressione » dal 1929 al 1933. Il tema — chi decide cosa e per chi — si ripropone in questi giorni di crisi. Saggezza vorrebbe che i governi ricordassero i limiti entro i quali la coercizione dello Stato diventa illegittima. Ed evitassero di prendere decisioni che ne accrescano solo il potere a danno dei cittadini. «I mercati di capitali— scrive ancora il Ft —necessitano di una migliore regolamentazione, ma i politici dovrebbero guardarsi dalle conseguenze non previste»”.

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